Renzi: «Non mi faccio ricattare dalla minoranza, le riforme le faremo con chi c'è»

Renzi: «Non mi faccio ricattare dalla minoranza, le riforme le faremo con chi c'è»
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Sabato 7 Febbraio 2015, 22:30
«Nessun dorma»: Matteo Renzi suona la sveglia, citando la celebre romanza della Turandot di Puccini. Un richiamo rivolto in primis al Pd nella nuova veste allargata con gli arrivi da Scelta Civica. Anche perchè, se Silvio Berlusconi non tornerà a più miti consigli sul Patto del Nazareno, la maggioranza non potrà permettersi assenze o alzate di testa.



«Non mi faccio fermare dai ricatti di nessuna minoranza, le riforme si fanno con chi c'è», è la tesi del premier, oggi applicata per chi protesta alla Scala ma sempre valida contro partiti o correnti che provano a mettersi di traverso. Il test, o la prima prova di forza dopo la rottura con il Cavaliere, si avrà già la prossima settimana alla Camera. Invece di far decantare le tensioni, Renzi ha dato mandato di portare a casa le riforme costituzionali. «Lavoreremo dalle 9 alle 23 tutti i giorni, sabato compreso, per cercare di arrivare al termine», spiega il ministro Maria Elena Boschi che getta acqua sul fuoco alle accuse, anche dentro il Pd, di una campagna acquisti del governo che snaturi la linea dem. «Non perdiamo la nostra identità - assicura - nè cambia l'assetto del governo visto che Sc era già in maggioranza».



Per il premier, non solo non cambia la rotta del governo ma anzi, snellendo il numero dei partiti, sarà più forte la voce del Pd. Certo l'ingresso nel Pd dei senatori di Scelta Civica semplifica ma non risolve la difficoltà dei numeri a Palazzo Madama dove Fi è stata determinante per l'approvazione dell'Italicum. Ma è anche vero, ragionano nel governo, che la riforma elettorale ritornerà a Palazzo Madama, in caso di modifiche a Montecitorio, solo a primavera inoltrata. E sicuramente dopo le regionali in vista delle quali è immaginabile che Silvio Berlusconi alzerà i toni contro il governo anche a fini di campagna elettorale. Nel Pd, infatti, non disperano di poter riportare al tavolo delle riforme gli azzurri. Con le buone ma anche con le cattive, come vengono interpretati da Fi i segnali mandati sugli sconti per le frequenze tv e il nuovo accordo sul ddl anticorruzione.



Ma se dovesse vincere in Forza Italia la linea dura, Renzi non esclude di cambiare schema. «I capilista bloccati - ragionano ai vertici del Pd - sono l'unico punto che sta a cuore a Berlusconi.
Ma se lui fa saltare il tavolo allora non si capisce perchè io non devo cambiare chiudendo un accordo dentro il Pd e che magari trovi l'appoggio anche di altri partiti delle opposizione». In questo modo il leader Pd ripeterebbe quello «schema Mattarella» che la minoranza auspica come nuovo metodo di confronto interno. «Si vedrà quando sarà il momento», non si sbilancia il premier non disposto a farsi turbare nè dall'ira di Berlusconi nè dalle pressioni della sinistra dem.
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