Nadef, deficit sale al 5,3% a causa del superbonus. Meloni: «Nella manovra basta sprechi del passato»

Lo rilevano fonti di palazzo Chigi, dove è in corso il Consiglio dei ministri

Nadef, deficit sale al 5,3% a causa del superbonus
Nadef, deficit sale al 5,3% a causa del superbonus
di Andrea Bassi
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Giovedì 28 Settembre 2023, 07:37

Quattordici miliardi di deficit per finanziare la prossima manovra di bilancio. Quanto basta per coprire sia il taglio del cuneo contributivo per i redditi fino a 35 mila euro, avviare la riforma Irpef con l’accorpamento delle prime due aliquote e finanziare il rinnovo dei contratti pubblici. Una manovra, quella delineata dalla Nadef approvata ieri dal governo, «anti-ciclica», come ha sottolineato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti.

Tutto questo provando comunque a tenere sotto controllo il debito, dato in discesa il prossimo anno al 140,1 per cento rispetto al 141,4 previsto ad aprile (poi calerà ancora fino al 139,6 per cento nel 2026 contro una previsione precedente che lo vedeva al 138 per cento).

Nonostante il deficit che sarà lasciato salire fino al 4,3 per cento il prossimo anno, rispetto al 3,6 per cento a legislazione vigente, la politica fiscale del governo resta tutto sommato «prudente». Ma il sentiero che fino a qualche giorno fa sembrava decisamente stretto per contenere le misure del governo, adesso si è allargato. Giorgia Meloni ha espresso soddisfazione «Stiamo lavorando», ha detto, «per scrivere una manovra economica all’insegna della serietà e del buon senso. E che mantenga gli impegni che abbiamo preso con gli italiani: basta con gli sprechi del passato, tutte le risorse disponibili saranno destinate a sostenere i redditi più bassi, tagliare le tasse e aiutare le famiglie». Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti ha difeso la decisione del governo di “sforare” il limite del 3 per cento del disavanzo. Il testo della Nadef è stato subito inviato alla Commissione.

 
Come la prenderà la Ue? «Comprenderanno la situazione», ha detto Giorgetti, «come la comprendono tutti i miei colleghi ministri delle finanze europei che gestiscono una situazione di rallentamento dell’economia». Del resto, ha aggiunto il ministro riferendosi alla stretta dei tassi della Bce e alla guerra in Ucraina, siamo in una condizione che «non permette di fare politiche pro-cicliche. Ma l’asticella del deficit», ha aggiunto, «è stata fissata ad un livello di assoluta ragionevolezza». 


A fronte del maggior deficit però, si rafforzerà la spending review. I tagli alla spesa saliranno a 2 miliardi. Se i ministri non risparmieranno quanto previsto, ci penserà direttamente il Tesoro a calare le forbici sui bilanci. E ci saranno anche privatizzazioni. Giorgetti riferendosi alla vendita del pacchetto di Mps in pancia al Tesoro, ha spiegato che «l’obiettivo è fare politica industriale. Mps», ha detto il ministro, «può diventare una leva per costruire un polo forte bancario, non abbiamo necessità di fare cassa subito, quindi le valutazioni che farà il ministero dell’Economia». Tornerà anche il “bonus Maroni”, l’incentivo per chi può andare in pensione e invece decide di continuare a lavorare. Riceverà in busta paga i contributi che avrebbe dovuto versare all’Inps. Come già deciso nel caso di Quota 103, dove però ci sono voluti nove mesi ad ottenere il via libera dall’Istituto di previdenza. Per il resto la Nadef prende atto del rallentamento dell’economia. Il prodotto interno lordo quest’anno non andrà oltre lo 0,8 per cento. Il prossimo anno salirà dell’1,2 per cento (contro l’1,5 previsto ad aprile) grazie alle misure del governo senza le quali si fermerebbe invece all’1 per cento. Il deficit, sempre del 2023, invece “esplode” salendo fino al 5,3 per cento, per poi ripiegare al 4,3 per cento nel 2024. Colpa, dice il governo, del Superbonus. 


L’IMPATTO
Il 110 per cento avrà un impatto negativo sui conti pubblici. In assenza, hanno fatto trapelare fonti di Palazzo Chigi, il debito sarebbe sceso di un punto percentuale all’anno. I bonus edilizi, dunque, comportano, hanno spiegato le stesse fonti, un sostanziale incremento del fabbisogno pubblico nel corso dell’intera legislatura, riducendo gli spazi di manovra per finanziare interventi a favore dell’economia reale e delle famiglie. Un Superbonus che intanto marcia verso una definitiva archiviazione. Ieri sono stati bocciati tutti gli emendamenti al decreto “asset” che proponevano una proroga per i lavori finanziati al 110 per cento. Almeno per ora, dunque, il termine per completare i cantieri resta al 31 dicembre. Anche il tasso di disoccupazione è previsto in calo dal 7,6 per cento del 2023 al 7,3 per cento del 2024.

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