«L'ostaggio Kayla uccisa dai vostri raid»

«L'ostaggio Kayla uccisa dai vostri raid»
di Anna Guaita
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Sabato 7 Febbraio 2015, 06:07 - Ultimo aggiornamento: 09:42
NEW YORK - Una giovane di 26 anni, una volontaria che sin da piccola ha sempre desiderato aiutare gli altri: Kayla Jean Mueller è la cooperante americana che Isis tiene prigioniera dal 2013 e per la quale aveva chiesto un riscatto di 6 milioni e mezzo di dollari. Ieri però i jihadisti del Califfato hanno sostenuto che la giovane è stata uccisa dai piloti giordani.

Secondo un comunicato che Isis ha messo in rete, la giovane era tenuta prigioniera - assolutamente sola - in un edificio distrutto dalle bombe giordane, e che tutti gli occupanti del palazzo erano stati «salvati da Allah» perché si trovavano fuori per la preghiera del venerdì. Queste affermazioni sono state accolte con scetticismo sia dal governo di Amman, che le ha liquidate come «propaganda», sia dagli americani, che hanno affermato di «non aver trovato nessuna prova che la giovane fosse stata uccisa».



LE IPOTESI

Molte voci si sono subito incrociate, non ultima che Isis stesso avesse ucciso la volontaria americana per poter far ricadere la colpa sulla Giordania e mettere zizzania fra gli alleati. Altri hanno notato con incredulità che sembrava strano che i jihadisti, che hanno finora dimostrato un perverso gusto dell'orrido, non abbiano messo in rete le immagini della giovane uccisa nelle rovine della palazzina. E altri ancora hanno ricordato come Isis abbia spesso mentito, non abbia negoziato con lealtà e quindi non può mai essere creduta.



LA RAPPRESAGLIA

E comunque se la denuncia della presunta uccisione di Kayla doveva dividere gli alleati, i falangisti hanno ottenuto l'effetto contrario. La Giordania sembra quanto mai unita nella determinazione di combattere gli estremisti. Il Paese ha trovato un'unità che prima non aveva, davanti alle immagini raccapriccianti del giovane tenente pilota Muath al Kassasbeh bruciato vivo dentro una gabbia di ferro. La rappresaglia lanciata contro le basi di Isis nel nord della Siria e ieri anche nel nord dell'Iraq, è stata infatti chiamata "Operazione martire Muath", in memoria del tenente. Ieri sera il portavoce del ministero della Difesa giordano ha confermato che «decine di caccia» avevano «preso di mira e distrutto numerose postazioni» di Isis. Il comunicato concludeva promettendo che i falangisti «pagheranno per ogni capello di Muath». Quanto a infrangere la solidarietà fra gli alleati, semmai Isis sta ottenendo il contrario: gli Stati Uniti hanno infatti appena spedito nel Nord dell'Iraq delle pattuglie aeree specializzate nel salvataggio di piloti abbattuti, in modo da evitare ad altri militari membri della coalizione il rischio di finire come Muath. Obama ha anche deciso di chiedere nei prossimi giorni al Congresso l'autorizzazione formale per rafforzare la missione militare attualmente in corso. Il presidente spera così di dare una immagine di un Paese unito nella lotta contro i jihadisti.



L'ACCUSA AL PRESIDENTE

Tuttavia Obama si trova davanti un nuovo ostacolo: non gli viene perdonato dal partito repubblicano il fatto che durante un incontro pubblico dedicato alla preghiera, dopo aver condannato Isis come «una setta di morte» ha anche sostenuto che non si dovrebbe dimenticare che durante le crociate e poi con l'inquisizione anche l'Occidente cristiano «ha commesso azioni terribili nel nome di Dio».