Giornalista russa Elena Milashina aggredita in Cecenia, testa rasata e dita spezzate. «Ora non potrai più scrivere»

Aggredita poco dopo il suo arrivo a Grozny. Si era recata lì per seguire l'udienza conclusiva del processo a Zarema Musaeva, una donna arrestata con l'accusa di aver aggredito un agente di polizia locale.

La giornalista Elena Milashina pestata e cosparsa di vernice in Cecenia insieme a un avvocato per i diritti umani. Ecco perché.
La giornalista Elena Milashina pestata e cosparsa di vernice in Cecenia insieme a un avvocato per i diritti umani. Ecco perché.
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Martedì 4 Luglio 2023, 22:25

L'hanno picchiata, rasata in testa e cosparsa di vernice verde. Vittima una giornalista di Novaya Gazeta, Elena Milashina, autrice di numerose inchieste sulle violazioni dei diritti umani in Cecenia, fra cui una importante che documentava abusi e omicidi di persone Lgbtq nel 2017.

È stata aggredita poco dopo il suo arrivo a Grozny, capitale della Repubblica di Cecenia. Si era recata lì per seguire l'udienza conclusiva del processo che vede imputata Zarema Musaeva, una donna arrestata nel gennaio 2022 con l'accusa di aver aggredito un agente di polizia locale. Anche l'avvocato difensore dell'imputata, Aleksandr Nemov, ha subito il pestaggio degli aggressori. 

Le minacce

Sul canale Telegram di Memorial si legge che «mentre venivano percossi, gli è stato detto: “Siete avvertiti,  andatevene e non scrivete niente”». Inoltre il loro equipaggiamento sarebbe stato distrutto.

L'agguato

Stando a quanto denunciato da Nemov alla ong cecena "Team contro la tortura", l'auto su cui l'avvocato viaggiava insieme a Milashina sarebbe stata bloccata da tre veicoli, che trasportavano un gruppo di uomini armati e incappucciati, lungo la strada che collega l'areoporto al centro della città. I due sarebbero stati fatti scendere, malmenati brutalmente, presi a calci in faccia e minacciati con pistole puntate alla tempia.

Non solo. I loro strumenti di lavoro, cellulari compresi, sono stati portati via e distrutti. 

 

Le condizioni degli aggrediti

Il Committee against Torture ha fatto sapere che Milashina, dopo l'aggressione subita, ha perso conoscenza più volte in ospedale, dove è arrivata con la faccia completamente sporca di vernice. Ha riportato anche diverse dita rotte, su entrambe le mani, oltre alla lesione della scatola cranica. Leggermente meno gravi le condizioni di Nemov, che invece ha subito un grave infortunio alla gamba, forse dovuto a una coltellata. Lui e la giornalista hanno cercato di raccontare i dettagli dell'aggressione a un agente di polizia in ospedale, senza riuscirci. 

«Entrambi sono stati presi a calci e pugni con tubi di polipropilene. Gli è stato rinfacciato il loro lavoro, i tribunali, i processi, di cui aveva parlato Milashina. Questo non è chiaramente un attacco di semplici malavitosi. È stato un attacco intimidatorio per le loro attività professionali», ha dichiarato Sergey Babinets, capo del Team Against Torture.

Il caso di Zarema Musaeva

Zarema Musaeva - riporta Novaya Gazeta - è stata condannata a 5 anni e mezzo di cacere per aggressione a pubblico ufficiale e frode, come richiesto dall'accusa. , accuse che i gruppi per i diritti umani ritengono false. Mancano le prove, ma il caso della 53enne potrebbe essere direttamente collegato all'aggressione subita da Milashina e Nemov. Per questo occorre ricostruirne la vicenda, in modo da avere avere una visione più chiara del contesto in cui è avvenuta l'aggressione di cui si è parlato. 

Musaeva, 53 anni, è la madre di Abubakar e Ibrahim Yangulbaev, di 29 e 27 anni, due attivisti ceceni che si sono distinti per la ferma opposizione a Ramzan Kadyrov, ovvero l'uomo che il presidente russo Vladimir Putin, nel 2007, ha nominato presidente "ad interim" della Repubblica di Cecenia. L'operato di Kadyrov è stato spesso criticato da varie organizzazioni umanitarie - tra cui Amnesty International - per le sue azioni lesive dei diritti umani: in primis, le sue campagne di persecuzione contro oppositori politici e omosessuali, condotte a suon di omicidi, intimidazioni e arresti sommari. 

Nel mirino di Kadyrov erano da tempo finiti anche Abubakar e Ibrahim Yangulbaev, costretti a fuggire all'estero. In particolare, obiettivo principale del leader della Repubblica di Cecenia era mettere a tacere Abubakar, il maggiore dei due fratelli, più volte minacciato di morte per le dure critiche rivolte a Kadyrov e per il suo lavoro da avvocato per i diritti umani svolto nel "Team contro la tortura".

Lo scorso 20 gennaio 2022 è arrivato l'arresto della madre: Musaeva è stata a Nizhni Novgorod, davanti agli occhi del marito - l'ex giudice federale ceceno Saydi Yangulbaev - e il loro avvocato. Il giorno seguente al blitz Kadyrov ha scagliato una nuova, esplicita, e violenta minaccia di morte all'indirizzo dei figli sul suo canale Telegram, affermando che la famiglia dei due fratelli era «in attesa di un posto in prigione o sottoterra» e che loro non avrebbero potuto più «camminare liberamente e godersi la vita» mentre «ferivano profondamente l'onore dei ceceni».

Musaeva è stata trasferita custodia cautelare in un carcere di Grozny, con l'accusa di un atti di teppismo e aggressione nei confronti di un poliziotto. Un atto più volte bollato come «abuso di potere» e «ritorsione contro i figli» da molte associazioni per i diritti umani. Anche l'Unione Europea aveva invitato la Cecenia a rilasciare Musaeva. Nell'agosto seguente è iniziato il processo a suo carico. La sentenza pronunciata oggi dal tribunale di Grozny «equivale a una condanna a morte», ha commentato Abubakar Yabgulbaev. 

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