La linea d’arresto è fissata ai primi di giugno: poco più di 15 giorni - «comunque non pochi, secondo le solite prassi», rassicurano dalla Regione - per trovare una soluzione che metta d’accordo tutti, prima di ogni cosa il Governo e l’amministrazione regionale. Dopodiché scatterà la tagliola: Palazzo Chigi impugnerà davanti alla Corte costituzionale la legge pugliese sul futuro “nuovo corso” di Acquedotto pugliese e sull’ingresso dei Comuni nella compagine societaria, legge che così com’è presenta «plurimi vizi di legittimità costituzionale» secondo il governo.
L'incontro
Il conflitto alla Consulta comporterebbe conseguenze gestionali e pratiche al momento imprevedibili, dato che la concessione del Servizio idrico integrato ad Aqp scade nel dicembre 2025.
Le modifiche
Basteranno queste modifiche? Non semplice, alla luce dei pesanti rilievi mossi dal governo. Il verdetto arriverà comunque in tempi strettissimi: già nel Consiglio dei ministri in calendario all’inizio della prossima settimana potrebbe essere portata la legge regionale 14 del 2024 per ufficializzarne l’impugnazione. Entro quella data la Regione deve perciò inviare nero su bianco le proposte emendative, da approvare successivamente in Consiglio regionale. L’accordo sulle modifiche alla legge sarebbe la terza via rispetto alle due ipotesi estreme: da un lato, il colpo di spugna sul testo normativo regionale, che obbligherebbe a trovare un’altra soluzione per tutelare l’affidamento in house e garantire continuità negli anni alla concessione del servizio idrico ad Aqp; e dall’altra parte, invece, il contenzioso alla Corte costituzionale, che ha tempi lunghi e che obbligherebbe nel 2025 l’Aip a mettere a gara il servizio aprendo la gestione dell’acqua a dinamiche di mercato. Da escludere, filtra, l’ipotesi di una società mista.
La legge regionale
La legge regionale 14 del marzo scorso ha (aveva) un chiaro intento: mettere al riparo per 30 anni la concessione ad Aqp evitando “assalti” dei privati. Per farlo, dato che la concessione (più volte prorogata) scadrà nel 2025, disegna questo iter: i Comuni rilevano il 20% delle quote di Aqp, costituiscono una “società veicolo” a totale partecipazione pubblica e a controllo analogo di tutti i Comuni pugliesi, e che assorbe quel 20% di quote, legittimando così i Comuni all’affidamento del servizio in house (come se fosse perciò una loro estensione) ad Aqp. I punti critici però non mancherebbero, messi in fila dall’Ufficio legislativo del ministero degli Affari europei (il dicastero di Fitto): già nel 2012 la Consulta ha ritenuto illegittimo l’affidamento del servizio con legge regionale; Aqp è spa dal 1999, per legge statale che prevede le azioni detenute solo dalla Regione, e dunque non potrebbe essere una legge regionale a definire il trasferimento di una parte di azioni ad altri soggetti (i Comuni); la norma regionale, inoltre, delinea modalità di affidamento del sistema differenti da quelle previste dal quadro nazionale e dall’ordinamento europeo, che tracciano un modello di società in house molto stringente, equiparata cioè a un’estensione dell’amministrazione di riferimento, e invece la “società veicolo” dei Comuni non sarebbe tale perché questi ultimi sono rappresentati solo indirettamente. Insomma: è un campo minato, non semplice da liberare in pochi giorni. Ma la mediazione è in corso e le modifiche della Regione arriveranno a breve.
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