Robot, automi come piante: si rigenerano cercando la luce

FiloBot, sviluppato dall’IIT, cresce e si adatta grazie a una tecnica di stampa 3D integrata. La ricercatrice Del Dottore: «Vogliamo rendere le macchine più autonome per rispondere a condizioni ambientali anche imprevedibili»

Robot, automi come piante: si rigenerano cercando la luce
di Paolo Travisi
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Mercoledì 14 Febbraio 2024, 11:20 - Ultimo aggiornamento: 15 Febbraio, 07:38

Anche i robot imitano la natura.

Si chiamano robot bioinspired, sviluppati osservando i fenomeni naturali, come una comune pianta che cresce adattandosi all’ambiente circostante. Nasce proprio da questa idea FiloBot, un robot che è in grado di costruire autonomamente il proprio corpo, grazie a una tecnica di stampa 3D integrata, sviluppato dal gruppo di ricerca dell’Istituto Italiano di Tecnologia a Genova, coordinato da Barbara Mazzolai, associate director per la Robotica di IIT, tra le massime esperte mondiali di Soft Robotics, i robot morbidi. 

LA FILOSOFIA

«Cerchiamo di estrarre da diversi modelli naturali e biologici i principi di funzionamento che possano essere utili per la realizzazione dei nostri robot, che vogliamo rendere sempre più autonomi nei task che devono compiere, quindi adattare anche le loro morfologie, i corpi e i comportamenti di risposta alle diverse condizioni ambientali che sono del tutto imprevedibili. Per questa ragione non possiamo realizzare un robot con un design predefinito» spiega Emanuela Del Dottore, ricercatrice senior di IIT che ha preso parte al progetto.
Le piante, infatti, si muovono nell’ambiente attraverso la divisione cellulare e l’allungamento implementato alle estremità dei germogli e delle radici, in risposta a stimoli esterni, come luce o gravità. «Osservando le piante ci siamo chiesti come facessero a ricercare le risorse per vivere. E lo fanno crescendo nelle zone apicali delle radici o delle parti aeree. Questi corpi cambiano a seconda di come cambiano le condizioni ambientali, quindi c’è un’influenza reciproca tra ambienti e questo tipi di organismi», evidenzia Del Dottore. 
FiloBot è stato ideato in modo da costruire il proprio corpo crescendo da una delle sue estremità – rappresentata da una testa robotizzata – proprio come la crescita apicale nelle piante.

Crescita resa possibile da una tecnica di stampa 3D additiva, usando materiale termoplastico (PLA) che viene steso sotto forma di filo che gira intorno all’asse del corpo robotico. «Abbiamo miniaturizzato una stampante 3D, grande 4 centimetri di diametro, incorporata nel robot. La punta robotica tira un filamento termoplastico, lo riscalda esternamente in modo da poter fare aderire il filo che viene stampato con i layers precedenti. L’avanzamento della punta avviene grazie a un’aggiunta di materiale, che costruisce il robot stesso» spiega la ricercatrice dell’IIT.

LA “GUIDA”

Per quanto riguarda il movimento invece, FiloBot è guidato da alcuni sensori ambientali che riproducono le capacità sensoriali delle piante rampicanti e i comportamenti a loro associati, chiamati tropismi. 
Il robot è in grado di sentire la forza di gravità e di analizzare il tipo di luce che lo circonda, e di conseguenza determinare in modo attivo la direzione di crescita. «Si orienta grazie a comportamenti bioinspirati, analizzando i segnali che arrivano dal mondo esterno, che rendono le sue scelte di direzione di crescita autonome e i comportamenti di navigazione per andare alla ricerca di una risorsa per loro importante. Come le piante, il robot-pianta ha un suo target, per esempio ricercare la luce all’interno di un’infrastruttura collassata, per trovare la via di fuga. Questa sua attitudine ci consente di diminuire il cammino, renderlo minimo, quindi ridurre l’ammontare di materiale plastico che serve alla sua crescita e l’energia spesa. Le funzionalità racchiuse nel robot FiloBot gli consentono di navigare in ambienti reali non strutturati in modo del tutto adattivo», aggiunge ancora Del Dottore.
Queste sue capacità possono essere preziose per il monitoraggio e l’esplorazione ambientale, la perlustrazione di ambienti altamente complessi o zone colpite da eventi catastrofici e distruttivi oppure la misurazione dell’inquinamento in aree pericolose o delicate, fino alle applicazioni in cui è difficile prevedere o pilotare un percorso esatto attraverso terreni sconosciuti e mutevoli.

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