Meno potere agli algoritmi: ecco l'evoluzione della Rete

Dalle fake news agli hater l’Unione Europea ha introdotto molte tutele su internet. L’ultima norma è il Services Act; sui social contenuti in ordine cronologico e non solo in base ai like o ai commenti

Meno potere agli algoritmi: ecco l'evoluzione della Rete
di Andrea Boscaro
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Mercoledì 14 Febbraio 2024, 11:26 - Ultimo aggiornamento: 15 Febbraio, 07:37

Lo strapotere degli algoritmi nell’amplificare sui social network le notizie più divisive.

Le pubblicità che danno la sensazione di inseguire come in una caccia alla volpe chi naviga in Rete non appena effettua una ricerca o non conclude un acquisto. Persino il sospetto che il cellulare acquistato non sia effettivamente nostro, ma soggetto alle regole del produttore che impone servizi e metodi di pagamento. Quante volte la vita digitale quotidiana pare invocare l’intervento di norme più rispettose della privacy, più improntate a principi di trasparenza e sicurezza?
Anche se la strada è ancora lunga, l’Europa di cui andremo a rinnovare le istituzioni a giugno ha introdotto in questi anni cambiamenti significativi – dal Digital Services Act al Digital Services Act – che vale la pena mettere in fila per comprenderne il significato e la portata e riconoscerne le funzionalità nell’uso quotidiano di Internet.

ORIENTARSI

Uno degli effetti più recenti è il Transparency Database a cui è possibile ricorrere per valutare le scelte intraprese dai social network di fronte alle richieste di blocco dei profili e di moderazione dei contenuti: l’impegno a contrastare il fenomeno delle fake news e dell’hate speech può dunque essere verificato puntualmente da chi ne ha interesse. 
La lista dei cambiamenti è però lunga e riguarda tutti. Come cittadini, grazie al Digital Services Act (“DSA”) in vigore dal 17 febbraio, è possibile limitare l’influenza degli algoritmi sui social media visualizzando i contenuti in ordine cronologico e non solo in base alla popolarità riscossa per via di like e commenti: una misura volta a contrastare la diffusione di contenuti divisivi e la creazione delle bolle informative che spesso inducono a restringere la raccolta delle informazioni ad ambiti ristretti e limitano il confronto a chi già la pensa come noi.
Anche la tutela dei minori è stata rafforzata: le pubblicità che le piattaforme digitali pubblicano non possono più basarsi su comportamenti o interessi personali, ma solo su criteri generali come la localizzazione. Di fronte ad annunci pubblicitari inopportuni o contenuti sgradevoli, ciascun utente può ora comprendere le ragioni per le quali sono stati visualizzati nel proprio feed: in particolare, da Meta a TikTok, da Google a Linkedin, i principali operatori hanno introdotto le Librerie Inserzioni permettendo così di monitorare i messaggi promossi e le spese sostenute per la pubblicità politica e sociale.

LA TRASPARENZA

In un anno elettorale come il 2024, l’uso di questi strumenti di controllo sarà particolarmente utile per la stampa e gli analisti. L’obiettivo di questo sforzo legislativo è infatti chiaro: imprimere maggiore trasparenza, sicurezza e competitività nel panorama digitale dominato da colossi americani e cinesi. 
Le nuove norme europee non si sono poste solo il compito di tutelare i cittadini, ma sono state pensate anche per supportare le imprese nei rapporti negoziali, per definizione asimmetrici, con le piattaforme: il Regolamento “Platform2Business” permette di presentare reclami ed assegna allo Stato, in Italia per via dell’Agcom, il compito di tutelarne il funzionamento.
Il Digital Markets Act (“DMA”), operativo a partire dal 2024, sanzionerà per esempio pratiche anticoncorrenziali come l’utilizzo dei dati di vendita da parte dei grandi marketplace per creare offerte a marchio proprio. 
Inoltre, gli algoritmi di ricerca non potranno più favorire i servizi offerti dalle piattaforme, come quelli pubblicitari o logistici: è la ragione per la quale, proprio in queste settimane, si assiste all’introduzione da parte di Google di recensioni provenienti da servizi diversi da quelli offerti dal motore di ricerca. È il DMA che sta imponendo ad Apple di consentire la sottoscrizione di abbonamenti e l’acquisto di servizi in-app con metodi di pagamento differenti da questo nativo.

IL MERCATO UNICO

Numerose sono poi le norme che, negli anni, sono state introdotte per rendere davvero unico il mercato del commercio elettronico: dal divieto del geoblocking, per evitare discriminazioni degli acquirenti sulla base della provenienza fino al regime fiscale semplificato detto “One-Stop-Shop” (OSS), molti sono i provvedimenti presi, non ultimo l’assegnazione della responsabilità fiscale ai marketplace come Amazon ed Airbnb che debbono adempiere agli obblighi legati alla riscossione e comunicazione dei dati IVA. 
In attesa che l’AI Act, che in queste settimane sta vedendo la luce, renda obbligatori la tutela del diritto d’autore, la trasparenza dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale, il mantenimento del controllo umano, possiamo dunque dire che molto è stato fatto. 

I NODI

Nonostante i progressi compiuti però, molte questioni rimangono irrisolte, prima fra tutte quella fiscale, ma quando, tra pochi mesi, il Parlamento europeo tornerà a rinnovarsi, è incoraggiante notare che, fra i tanti impasse in cui l’Europa talvolta appare frenata, dalla politica estera all’ambiente, i tentativi di regolamentazione della vita digitale sono invece stati connotati da molti passi avanti.

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