Eolico offshore: Taranto si candida. Scelte le aree

Una veduta del porto industriale di Taranto
Una veduta del porto industriale di Taranto
di Domenico PALMIOTTI
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Venerdì 17 Maggio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 13:55

L’Autorità portuale spedisce a Roma, al ministero dell’Ambiente, la candidatura di Taranto ad area per la costruzione e l’assemblaggio delle piattaforme per l’eolico offshore galleggiante e indica tre siti dove poter svolgere l’attività.

Candidatura congiunta

La candidatura di Taranto è congiunta con Brindisi, dove è però l’Autorità portuale del Mar Adriatico meridionale a scegliere i luoghi. Le due Authority rispondono all’avviso pubblico lanciato un mese fa dal ministero in base al decreto Energia del 2023. “Sviluppo della cantieristica navale al fine di realizzare la filiera dell’eolico offshore nel nostro Paese” è l’obiettivo del ministero guidato da Gilberto Pichetto Fratin, che poi, raccolte le candidature, avrà 120 giorni per decidere. Dovranno essere individuati almeno due porti nel Mezzogiorno.

Le aree

«I siti da noi individuati - spiega a Quotidiano Sergio Prete, presidente dell’Authority - sono anzitutto una parte del molo polisettoriale, lo yard ex Belleli e, come ipotesi futura, il riempimento della vasca di colmata in ampliamento del quinto sporgente. Il polisettoriale è sicuramente la parte più utilizzabile. C’è lo yard ex Belleli perché, molti anni addietro, veniva comunque svolta una funzione analoga all’assemblaggio dell’eolico offshore. La Belleli, sin quando ha operato, ha infatti costruito a Taranto grandi piattaforme petrolifere offshore che sono andate nel mondo. Sullo yard, tuttavia, c’è ancora da fare il lavoro di messa in sicurezza e risanamento. Sogesid, la stazione appaltante, sta aggiudicando l’intervento. Inoltre, c’è sempre l’ipotesi dell’utilizzazione per la cantieristica navale anche se il gruppo Ferretti si è ritirato. Pensiamo che lo yard potrebbe essere utilizzato per le due attività, soprattutto se dovesse uscire un progetto sostitutivo a Ferretti. Il gruppo aveva chiesto 220mila metri quadrati, restava fuori una parte, e quindi potrebbe anche venir fuori un nuovo progetto che magari non prende l’intero yard. Se questo progetto alternativo c’è, dovremmo saperlo dopo il 23 maggio - aggiunge Prete -, visto che scadono i 30 giorni di tempo dati. Il ministero delle Imprese dovrebbe fare una nuova convocazione. Altri investitori non si sono ancora rivelati. Suppongo che possano farlo in quella sede».

In quanto al molo polisettoriale, prosegue il presidente dell’Authority, «siamo intorno ai 400mila metri quadrati riferiti all’area più verso terra. Per la banchina occorrerà vedere se andrà utilizzata solo per il varo delle strutture e se, quando non c’è il varo, si possono svolgere o meno altre funzioni. Da tener presente, tuttavia, che qualunque banchina e piazzale vanno adeguati alle portate previste. E quindi il loro utilizzo per l’offshore galleggiante potrà avvenire relativamente subito. Ma poi solo l’operatore che gestirà, potrà dirci cosa avverrà in concreto. Circa la vasca di colmata che conterrà i fanghi del dragaggio del molo polisettoriale, il progetto prevede che la stessa possa essere trasformata in una banchina. Ci vuole però più tempo per avere quest’uso. Ecco perché abbiamo messo in terza battuta la vasca e presentiamo al ministero tre step differenti. In ogni caso, ora dobbiamo anzitutto vedere se saremo scelti - una decisione potrebbe esserci dopo l’estate, salvo rinvii -, poi chi sarà l’operatore e infine quale sarà l’assetto funzionale».

Yilport

Oltre alla Capitaneria di porto, nel lavoro preliminare ha collaborato con l’Authority anche il terminalista Yilport, concessionario del molo polisettoriale. «Siamo in contatto con i vari attori pronti a collaborare - dichiara a Quotidiano Alessandro Becce, general manager di Yilport -. La concessione che abbiamo è molto grande e in questo momento il terminal non sta producendo volumi adeguati. È giusto quindi collaborare, ma è fondamentale salvaguardare il transhipment perché c’è un futuro per Taranto e sono importanti i collegamenti ferroviari. Questo può aiutare il carico locale a trovare uno spazio. Ora, avendo anche altre aree, facciamo in modo che entrambe le cose possano avere possibilità di crescita. Perché tenere aree inutilizzate quando possiamo impiegarle diversamente? Il terminal è filo banchina e lo sbarco e imbarco è tendenzialmente la nostra specializzazione. Poi quello che si può fare nelle altre aree, lo verificheremo, ragionando insieme sulle esigenze per far sì che ciascuno faccia bene il proprio mestiere. Potremmo anche usare altra manodopera. Oggi abbiamo 156 assunti».

Va detto che a novembre 2022 Yilport firmò per l’eolico offshore anche un preaccordo con Renantis e Blue Float Energy, che hanno messo in cantiere due parchi nell’Adriatico tra Brindisi e Salento. Sul transhipment, aggiunge Becce, «abbiamo fatto un road show in Italia per verificare l’attenzione dei clienti ed è confermato che Taranto può avere un futuro. Ma i dragaggi sono fondamentali, tant’è che avremo ancora un 2024 e un 2025 statici. A breve, intanto, presenteremo il nuovo piano del terminal che prevede una crescita importante ma a valle dei dragaggi. Prevediamo anche altri business oltre ai teus, come le auto e le pale eoliche di Vestas. Teniamo aperto lo spettro a qualsiasi opportunità che ha una valenza di tonnellaggio».

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