Dieci anni di reclusione per pedofilia, abusi sessuali sulla figlioletta di appena tre anni. È la pena inflitta con sentenza dal Tribunale di Lecce in composizione monocratica nei confronti di un uomo di 70 anni, fatti commessi in danno di una bimba di appena tre anni, secondo l’accusa.
Il processo si è concluso dinanzi alla sezione collegiale (presidente Fabrizio Malagnino). Un conto pesante, in primo grado, considerata comunque la gravità delle accuse che sono state contestate. Alla pena di 10 anni, i giudici hanno aggiunto anche il riconoscimento del risarcimento del danno nei confronti della vittima, della madre e della sorella parti civili con gli avvocati Giuseppe Castelluzzo e Mario Urso e la perdita della capacità genitoriale, oltre all’interdizione in perpetuo dai pubblici uffici e dal frequentare luoghi in cui solitamente ci sono minori. I fatti risalgono al 2016 e si sarebbero verificati in un comune del sud Salento.
I fatti
A denunciare fu la madre della piccola che, a quanto fu rappresentato all’autorità giudiziaria, aveva espresso il proprio disagio attraverso i disegni.
Confermati, a quanto pare, anche da riscontri sanitari. L’inchiesta della procura, considerati gli elementi raccolti, non poté che sfociare in una richiesta di rinvio a giudizio. A disporre il processo fu il gup Cinzia Vergine. L’imputato, assistito dagli avvocati Silvio Caroli e Ada Giovanna Alibrando, ha scelto la via ordinaria, certo di poter dimostrare la propria estraneità alle accuse.
Il processo si è celebrato a porte chiuse
Nel corso del dibattimento è stato ripercorso quanto acclarato in sede di indagine, sono state vagliate nuovamente le dichiarazioni della bimba, congelate in un incidente probatorio. Nel fascicolo del dibattimento sono confluite anche le valutazioni dei Servizi sociali e i certificati medici prodotti. Il pm d’udienza, Maria Rosaria Petrolo, al termine della requisitoria, ha invocato una pena pari a 13 anni. A coordinare l’inchiestaera stato il pubblico ministero Stefania Mininni.
La bambina lamentava dolori alle parti intime e trasferiva nei disegni il suo disagio e aveva confidato alla madre, con le sue parole da bimba, che il papà l’avrebbe palpeggiata e violentata in casa, per due anni e fino alla fine del 2016, minacciandola di non raccontare nulla a nessuno. La sua versione è stata ritenuta del tutto coerente e attendibile, tanto in fase di indagini quanto durante il processo. Il 70enne condannato in primo grado si è sempre dichiarato estraneo alle accuse che gli sono state mosse. Una volta depositate le motivazioni della sentenza la difesa potrà impugnare e chiedere in Appello la riforma. Quanto al risarcimento riconosciuto alle parti civili, non è stata disposta una provvisionale ma è stato stabilito che l’ammontare dovrà essere determinato con un giudizio in sede civile.