Ce l’aveva con il sistema giustizia, dopo la contestazione - falsa secondo lui - di avere drogato e violentato la fidanzata. E pieno di rabbia, ma anche zeppo di calmanti, prima minacciò la giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce, Maria Francesca Mariano. E poi cercò di ammazzare il pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia, Carmen Ruggiero, durante l’interrogatorio chiesto facendo intendere, strumentalmente, di avere scelto la strada della collaborazione di giustizia. È tutto nel verbale letto e sottoscritto da Pancrazio Carrino, 41 anni, di San Pancrazio Salentino, il 23 ottobre dell’anno scorso al termine dell’interrogatorio seguito con la notifica dell’avviso di conclusioni delle indagini preliminari. Carrino ha dichiarato inoltre di avere nascosto in cella un coltello con sopra scritto il nome “Ruggiero”.
Il racconto
Ed ha aggiunto, Carrino, che con quel coltello avrebbe voluto uccidere anche il pm Raffaele Pesiri durante l’interrogatorio nel carcere di Terni quando raccontò per filo e per segno il piano per tagliare la gola alla magistrata della Dda salentina titolare dell’inchiesta sul clan Lamendola-Cantanna in cui risponde di associazione mafiosa: «Ero seduto davanti al pm (Carmen Ruggiero, ndr) e tenevo sotto controllo il tenente di San Vito dei Normanni per capire se mi trovavo ad una distanza sufficiente per potere agire contro il pm tagliandogli la giugulare senza essere bloccato. Se quel giorno fossi stato lucido come lo sono adesso, Carmen Ruggiero sarebbe già storia».
Di certo c’è la scorta assegnata alle due magistrate (anche un’auto blindata alla giudice Mariano dopo la testa mozzata di un capretto, con una lama che la trafigge e la scritta “così”, recapitatale a casa nella notte fra l’1 ed il 2 febbraio) per il comportamento avuto da Carrino durante gli interrogatori. Se il movente è stato quello indicato dall’indagato, oppure se vada ricercato altrove, lo stabiliranno le indagini avviate dalla Procura di Potenza, competente quando vittime sono i magistrati del distretto della Corte d’Appello di Lecce.
Agli atti dell’inchiesta le sei pagine del verbale con la confessione resa nel carcere di Terni al pubblico ministero Pesiri, con la sua ricostruzione sulle cause dell’insorgere di questo istinto omicida verso le toghe e su cosa fece e cosa avrebbe voluto fare.
L'interrogatorio
Quel pezzo di ceramica Carrino lo nascose nel retto per eludere la perquisizione. Durante l’interrogatorio chiese di andare in bagno per mettersi in tasca l’oggetto con cui si sarebbe voluto scagliare contro la magistrata. Ma rientrato nella stanza degli interrogatori trovò solo il tenente di San Vito che gli sequestrò il pezzo di ceramica.
Pur se scoperto e già tenuto d’occhio per le minacce alla giudice Mariano, Carrino non avrebbe desistito dai propositi sanguinari. A verbale la sua intenzione di colpire il pm dell’interrogatorio nel carcere di Terni, Pesiri. Per mandare un messaggio alla pm Ruggiero: «Dopo avere saputo dell’avvocatessa Aragona, ho nominato lei come mio difensore di fiducia. Ho visto la sua professionalità e ho deciso di volerla tenere nel processo. Per cui ho rinunciato a colpire con il coltello il prossimo pm, che saresti tu. Faccio presente che il coltello in questione, con scritto il nome “Ruggiero”, ce l’ho nella mia cella, non l’ho sceso per non essere tentato. E dopo lo consegnerò agli agenti di polizia penitenziaria».
Infine Carrino chiarì perché anche Raffaele Pesiri era sulla sua lista nera: un messaggio per Carmen Ruggiero, la sua morte.