Mbarki, visioni arabe da Voga: a Bari la prima mostra in Italia dell'artista tunisino

Mbarki, visioni arabe da Voga: a Bari la prima mostra in Italia dell'artista tunisino
di Carmelo CIPRIANI
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Domenica 31 Marzo 2024, 05:25 - Ultimo aggiornamento: 3 Aprile, 16:46

È sorprendente notare come, a volte, nella produzione visiva si arrivi a soluzioni formali affini in contesti geografici e storico-culturali completamente diversi. Un'ulteriore conferma, indice di un sincretismo sotterraneo, inatteso e talvolta imprevedibile, giunge dalla mostra "Ruggito" di Aymen Mbarki, in corso a Bari, da Voga, fino al 13 aprile. La mostra inaugura la stagione espositiva del 2024 dello spazio, sempre attento a proporre ricerche sperimentali ed internazionali. 
Si tratta della prima personale in Italia dell'artista tunisino, che si presenta al pubblico barese con una produzione coerente con il suo background e allo stesso tempo affine al gusto estetico europeo, almeno com'è venuto definendosi dal secondo dopoguerra in poi. Mbarki ha scoperto la via dell'arte giovanissimo, folgorato da una stampa di "Saturno che divora i suoi figli” di Goya. Pittura e illustrazione sono divenuti da quel momento i suoi linguaggi prioritari, entrambi coniugati nella recente produzione. Le sue composizioni sono costituite da energici segni neri che rievocano alla memoria la pittura informale di Vedova o di Kline ma che, ad uno sguardo più attento, rivelano la loro origine nella cultura calligrafica islamica. 
"Storia e mitologia mediterranee - precisano da Voga - sono al centro della ricerca artistica di Aymen Mbarki, che utilizza disegno, pittura e scultura per tracciare i contorni di un immaginario tanto poetico quanto politico. Il suo lavoro si caratterizza per l'espressività e l’efficacia di composizioni spesso monocrome e minimali ma connotate da profonda consapevolezza grafica e semantica". 

L'iconografica mesopotamica sulla carta recuerata


Eseguite su carta recuperata nella Medina di Tunisi, le opere suggeriscono iconografie persiane e mesopotamiche, testimoniando un'identità definita ma non autoreferenziale. Il supporto, nella filigrana, nel colore brunito e nelle macchie di umidità, accresce la sensazione di veneranda antichità delle composizioni, talvolta ricavate unendo più fogli, con effetti che alla sinuosità della pennellata aggiungono la regolarità geometrica delle giunture.
Lavori che nella definizione del segno più che in quella della forma restituiscono l'energia degli elementi naturali a cui afferiscono, sempre esplicitati dai titoli (Ruggito, Nitrito, Fiume, Tempesta, Onde, Il danzatore e l'uccello, ecc.). Talvolta è il soggetto a determinare il segno, altre è invece quest’ultimo a suggerire la forma, che l'artista chiarisce nel profilo con linee più sottili. Sospese tra la restituzione di un'immagine e la sua dissolvenza, i dipinti rappresentano l'ideale punto di incontro tra la cultura islamica, tendenzialmente aniconica, e quella occidentale, dominata fin dal principio dalla pregnanza dell'immagine. Un linguaggio raffinato, foriero di un messaggio di pacifico confronto e conciliazione, del quale, oggi più che mai, in un presente di conflittualità diffusa e pervasiva, avvertiamo l'opportunità e l'urgente necessità.
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