Sulle tracce dei monaci pellegrini armeni, dal romitorio di Chiusa del Vescovo alla città fantasma dell'Antica Castro

Il romitorio della Chiusa del Vescovo
Il romitorio della Chiusa del Vescovo
di Maria Serena Patriarca
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Venerdì 11 Settembre 2020, 12:16 - Ultimo aggiornamento: 12:17

Se cercate questo luogo segnalato su cartelli stradali non avrete fortuna. Per arrivare all’Eremo di Chiusa del Vescovo, detto anche di Ripatonna Cicognina, nel territorio di Ischia di Castro, bisogna armarsi di una guida di trekking e buona volontà, per affrontare il percorso che fra boschi, rovi di more e girasole spontanei vi condurrà a questo sito di incredibile bellezza. Vale la pena di inerpicarsi sul sentiero in salita per arrivare a scoprire il romitorio altomedievale scavato su tre livelli e abitato dai monaci fra il XV e il XVII secolo, meta anche di religiosi armeni e greci che transitarono nell'Alto Medioevo su queste montagne. Pensate che all’interno della cappella sono rimasti i resti degli affreschi della scuola senese raffiguranti Sant’Antonio Abate. Si tratta certamente di uno dei monumenti più significativi e suggestivi della Maremma Castrense. Eremiti ed anacoreti nel Medioevo, lungo il corso del Fiora e dei relativi affluenti, scelsero di stabilirsi presso antiche tombe etrusche scavate nella roccia tufacea, occupandole e "ristrutturandole" per trasformarle nei loro romitori, seguendo i modelli di architettura sacra rupestre.
 

 


Con la dovuta cautela, visto che l’architettura dell’eremo è situata in un punto montuoso e panoramico piuttosto scosceso, si possono visitare i vari ambienti di quello che un tempo doveva essere il buen retiro, a contatto con il divino e con la natura, dei monaci che volevano tagliare i ponti con le preoccupazioni del mondo terreno. L'eremo conosciuto anche con il nome di Ripatonna Cicognina, doveva essere meraviglioso ai tempi del suo massimo splendore, nel XV secolo, con le pareti finemente affrescate. Oggi è ben visibile la croce incisa nella roccia in uno degli ambienti verosimilmente adibiti a celle dei monaci, e in quella che doveva essere la cappella principale si notano i resti di un imponente altare rupestre. Il sito si staglia dunque su una parete tufacea a picco sul fiume Olpeta, a poca distanza dalla confluenza di quest'ultimo con il Fiora. Il nome Ripatonna Cicognina potrebbe originarsi dalla forma "tonna" dei versanti "ripe", o forse dalla presenza di nidi di cicogne. Ai piedi del romitorio, nascosta tra la folta vegetazione, c'è una fonte sorgiva.  Alla visita, se avete tempo, si può abbinare una tappa all’Antica Castro, la città fantasma nei pressi di Ischia di Castro ben indicata con cartelli stradali; qui l’ingresso è a pagamento. Passeggiando all’interno del bosco che costeggia l’imponente vallata dell’Olpeta (affluente del fiume Fiora), qua e là spuntano i resti di quella che doveva essere la fiorente cittadina appartenente ai Farnese. I resti della cattedrale di San Savino ci riportano al XIII secolo, con capitelli e volute di fine decorazione. La città di Antica Castro, storica capitale del Ducato Farnesiano, fu distrutta nel 1649, su input di papa Innocenzo X. Oggi è un parco archeologico in cui si intrecciano diverse epoche storiche in magica alchimia, visto che gli itinerari possibili da questa location conducono anche a imponenti tombe etrusche a dado.
Un mix di archeologia, arte, natura molto amato anche dalle famiglie con bambini. Il fulcro della Città doveva essere Piazza Maggiore, dove sorgevano gli edifici pubblici principali, come il palazzo del Podestà, l’Hostaria ed il palazzo della Zecca. Fra i punti più panoramici? Lo spiazzo dove restano i ruderi del convento di San Francesco.  

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