Papa Francesco ai sovranisti: «La Croce mai un simbolo politico da ostentare»

Papa Francesco ai sovranisti: «La Croce mai un simbolo politico da ostentare»
Papa Francesco ai sovranisti: «La Croce mai un simbolo politico da ostentare»
di Franca Giansoldati
4 Minuti di Lettura
Martedì 14 Settembre 2021, 11:12 - Ultimo aggiornamento: 12:38

Città del Vaticano – C'è chi ostenta platealmente il crocifisso durante i comizi, chi lo porta al collo come un gioiello qualsiasi, chi si batte, invece, perché venga mantenuto appeso nelle aule scolastiche come segno culturale predominante. «Non si contano i crocifissi: al collo, in casa, in macchina, in tasca. Ma non serve se non ci fermiamo a guardare il Crocifisso e non gli apriamo il cuore, se non ci lasciamo stupire dalle sue piaghe aperte per noi, se il cuore non si gonfia di commozione e non piangiamo davanti al Dio ferito d’amore». E ancora. «Il testimone che ha la croce nel cuore e non soltanto al collo non vede nessuno come nemico, ma tutti come fratelli e sorelle per cui Gesù ha dato la vita».

 

Papa Francesco dal cuore dell'Europa sceglie di fare chiarezza sul significato vero del crocifisso, simbolo di salvezza eterna e di resurrezione. Durante la messa in rito bizantino che celebra a Presov, una cittadina vicina a Kosice, la seconda città più popolosa della Slovacchia, riflette a fondo sul bisogno di testimoniare i valori cristiani rispecchiati nel simbolo del cristianesimo -la croce- senza scivolare in uno sfoggio apparente ma privo dei significati evangelici. «Se non facciamo così, la croce rimane un libro non letto, di cui si conoscono bene il titolo e l’autore, ma che non incide nella vita. Non riduciamo la croce a un oggetto di devozione, tanto meno a un simbolo politico, a un segno di rilevanza religiosa e sociale».

Dietro queste parole è difficile non intravedere la malcelata irritazione del Papa nei confronti di quei politici che utilizzano i simboli cristiani – dal presepe al rosario - per raccogliere consensi politici.

Ovviamente nell'omelia la riflessione viaggia alta, rafforzata da dotte citazioni tratte da santi dottori della Chiesa come San Giovanni della Croce. Tuttavia dietro queste parole sfila una lunga schiera di politici (europei) che pur difendendo il simbolo cristiano non offre altrettanti attestati di coerenza sul fronte dei migranti, degli ultimi, dei rom, dei poveri. 

«Qui, grazie a Dio, non c’è chi perseguita i cristiani come in troppe altre parti del mondo. Ma la testimonianza può essere inficiata dalla mondanità e dalla mediocrità. La croce esige invece una testimonianza limpida. Perché la croce non vuol essere una bandiera da innalzare, ma la sorgente pura di un modo nuovo di vivere. Quale? Quello del Vangelo, quello delle Beatitudini. Il testimone che ha la croce nel cuore e non soltanto al collo non vede nessuno come nemico, ma tutti come fratelli e sorelle per cui Gesù ha dato la vita» rimarca Francesco. 

In queste parole è implicito il richiamo a leader politici come Matteo Salvini, Giorgia Meloni, oppure verso il premier ungherese Viktor Orban che Francesco ha incontrato solo due giorni fa a Budapest in occasione della chiusura del Congresso Eucaristico. Una visita lampo di appena sette ore trascorsa sul filo del rasoio e durante la quale sia Papa Francesco che Orban hanno misurato le reciproche distanze sul fronte delle migrazioni, un argomento caro al pontefice ma escluso dai suoi discorsi pubblici per un accordo diplomatico tra le parti: non menzionare mai durante i discorsi la parola 'migranti' per non creare problemi politici al leader ungherese alla vigilia delle elezioni previste per il prossimo anno. 

Francesco sulla spianata di Presov inondata dal sole e gremita di gente (distanziata e con mascherina) martella forte sul significato della croce. «Il testimone della croce non ricorda i torti del passato e non si lamenta del presente. Il testimone della croce non usa le vie dell’inganno e della potenza mondana: non vuole imporre sé stesso». Il crocifisso, dunque, non proietta potenza, prestigio, conquiste. Francesco ripete che non si può accettare a parole «il Dio debole e crocifisso, e sognare un dio forte e trionfante. È una grande tentazione. Quante volte aspiriamo a un cristianesimo da vincitori, a un cristianesimo trionfalistico, che abbia rilevanza e importanza, che riceva gloria e onore. Ma un cristianesimo senza croce è mondano e diventa sterile». In questa lezione ce n'è anche per preti e vescovi più orientati verso le strutture che non verso la testimonianza personale. «E oggi il Signore, dal silenzio vibrante della croce, chiede anche a te: “Vuoi essere mio testimone?». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA