Tornano le eresie nella Chiesa, Papa Francesco teme quella dei «Donatisti»

Tornano le eresie nella Chiesa, Papa Francesco teme quella dei «Donatisti»
di Franca Giansoldati
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Lunedì 1 Aprile 2019, 14:11 - Ultimo aggiornamento: 14:43
Città del Vaticano – Le eresie tornano a minacciare l'integrità della Chiesa. Stavolta ad avanzare è il «donatismo», una corrente che si è affacciata sulla scena, preoccupando non poco i teologi e persino il Papa. Lui stesso ieri sera, tornando dal viaggio in Marocco, ne ha parlato ai giornalisti  durante la conferenza stampa in volo, a proposito della pedofilia nella Chiesa. Il donatismo è stato un movimento nato nel IV secolo che sosteneva che la Chiesa dovesse essere retta esclusivamente da persone elette, rigorose, integerrime e affermava la nullità dei sacramenti amministrati dai vescovi peccatori. Questa posizione presupponeva che i sacramenti non avessero efficacia di per sé, ma che la loro validità dipendesse dalla dignità di chi li amministrava. Il donatismo fu dichiarato eretico e non compatibile con la fede cristiana dal Concilio Laterano I del 314. Fin qui la storia che sembra abbia attinenze con la quotidianità.

Per il Papa, per esempio, non c'è dubbio che il donatismo si possa accostare a quello che sta accadendo davanti alle richieste quasi forcaiole dell'opinione pubblica per i vescovi insabbiatori e i preti orchi, dimenticando che il crimine abominevole degli abusi sui minori «non si capisce senza lo spirito del male, che è un problema concreto». Per sviscerare la questione teologica, di per sé piuttosto oscura e ingarbugliata, il Papa ha suggerito una recente pubblicazione a firma di Gianni Valente, un suo amico giornalista che lavora a Fides e che su Vatican Insider spiega in cosa consiste l'eresia dei ‘donatisti’. «Il pericolo della Chiesa oggi di diventare ‘donatista’ facendo prescrizioni umane, dimenticando le altre dimensioni. La preghiera, la penitenza, che non siamo abituati a fare? Ambedue! Perché vincere lo spirito del male non è ‘lavarsi le mani’, dire ‘il diavolo lo fa’: no. Anche noi dobbiamo lottare col diavolo, con le cose umane.

Gianni Valente afferma che davanti all’abisso della pedofilia clericale «la reazione neo-rigorista omo-sessuofobica e quella tecnocratica politicamente corretta, pur ideologicamente distanti, finiscono per condividere con accenti diversi gli stessi riflessi condizionati affini all’antica eresia donatista. Quella che nei primi secoli cristiani voleva sottrarre a Cristo stesso l’efficacia dei sacramenti e dei mezzi di salvezza amministrati nella Chiesa e farla dipendere dalla dignità e dalla impeccabilità dei suoi ministri». In pratica quell’eresia che pretendeva di costruire una «Chiesa di puri e dei perfetti attraverso la rigorosa fedeltà al Vangelo delle origini, affidata non al dono della grazia momento per momento, ma ottenuta per sforzo eroico di coerenza morale e rigorosa applicazione militare di procedure disciplinari». Tutto questo si può accostare a quello che accade oggi, davanti alla richiesta pressante della pulizia dalle mele marce, della giustizia per le vittime e delle punizioni esemplari per i vescovi insabbiatori o per i preti orchi. 

Per Valente però «ogni volta che la Chiesa ha preteso di emendarsi da sola dai suoi mali, ha finito per assomigliare ad una organizzazione di intelligence in balia di dossieraggi e di ricatti. Congestionata dal disprezzo dei “lapsi” e dei contaminati. L’intera compagine ecclesiale non riesce a dire niente di utile e interessante per gli uomini e le donne che attendono salvezza da ferite e malattie, se non si riconosce anch’essa mendicante di gua­rigione. Se non c’è Cristo stesso a risanare anche le malattie della stessa Chiesa. Se il desiderio di arginare le coperture degli abusi ha come orizzonte quello di salvaguardare la “ditta-Chiesa”, il suo buon nome di benemerita organizzazione sociale, e non coincide con il dolore per aver fatto male alla carne di Cristo, con la mendicanza del Suo perdono e con la domanda che sia Cristo stesso a salvare le vite – anche le più sfasciate – di vittime e carnefici». 







 
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