Esame farsa Suarez alla Stranieri, perché i telefoni dei docenti erano sotto controllo

Esame farsa Suarez alla Stranieri, perché i telefoni dei docenti erano sotto controllo
Esame farsa Suarez alla Stranieri, perché i telefoni dei docenti erano sotto controllo
di Luca Benedetti e Michele Milletti
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Mercoledì 23 Settembre 2020, 07:27 - Ultimo aggiornamento: 13:07

Sudditanza psicologica. Questa la definizione usata dagli investigatori per raccontare l’esame «farsa» del fuoriclasse del Barcellona, Luis Suarez, giovedì scorso alla Stranieri. Termini che i tifosi della Juve tante volte li hanno dovuti sentire abbinati a scelte arbitrali a favore dei bianconeri. Dal pallone a un’aula di università, gli “arbitri” dell’esame del “pistolero” sarebbero rimasti così «ammaliati» dalla possibilità di instaurare un rapporto col club degli Agnelli (la Juve è estranea all’inchiesta) da fare in modo che il fuoriclasse uruguaiano imparasse a memoria le risposte a quattro-cinque domande piuttosto facili. 

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Questo è quanto emerge dalle intercettazioni dei militari della guardia di finanza, guidati dal colonnello Danilo Massimo Cardone e coordinati dal tenente colonnello Selvaggio Sarri (che oggi lascerà Perugia per un importante incarico). Conversazioni captate tra i vertici dell’ateneo e gli esaminatori nell’ambito di un’indagine su un ammanco alla Stranieri che va avanti da mesi e che ha scoperchiato le porte di un esame svolto in mezz’ora e preparato in appena dieci giorni. 
 

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«E quindi oggi c’ho l’ultima lezione e me la devo preparare perché non spiccica na parola». Sono le 9.34 del 15 settembre e la sua insegnante, la professoressa Stefania Spina dell’Università per stranieri, a 48 ore dall’esame per il livello B1 (necessario per ottenere la cittadinanza italiana) confessa candidamente al telefono che il bomber uruguaiano non vede l’italiano come le porte avversarie. Ma due giorni dopo Suarez atterrerà nel primo pomeriggio all’aeroporto di Perugia e in circa mezzora uscirà dalla porta dell’ateneo con il diploma in mano.
Un miracolo? Per la guardia di finanza sicuramente no. I militari perugini ritengono che quell’esame sia stato una «farsa», per usare lo stesso termine scelto dal procuratore capo Raffaele Cantone e dai sostituti Paolo Abbritti e Giampaolo Mocetti nel decreto di perquisizione e sequestro.

GLI INDAGATI 
A finire nel registro degli indagati la rettrice Giuliana Grego Bolli, il direttore generale Simone Olivieri, Stefania Spina, incaricata di preparare on line Suarez l’esaminatore Lorenzo Rocca e Cinzia Camagna, che ha predisposto l’attestato. Rivelazione di segreti d’ufficio e falso ideologico, i reati ipotizzati. Le perquisizioni sono andate avanti fino a ieri sera, vista la mole di documenti da acquisire tra telefonate, messaggi, chat, supporti informatici e anche gli scambi con Suarez sulla piattaforma Teams dove si sono svolte le lezioni. 

Dall’Ateneo si difendono sottolineando «la correttezza e trasparenza delle procedure». Rocca è stato sentito per oltre due ore in procura. «Il mio assistito ha chiarito la sua posizione ed è assolutamente sereno, escludendo la sua responsabilità in ogni tipo di vicenda -spiega all’Adnkronos l’avvocato Cristiano Manni -. Attendiamo gli sviluppi della vicenda». Al lavoro anche gli avvocati Francesco Falcinelli e David Brunelli.

Da sottolineare come, nel decreto di sequestro, si fa riferimento alla necessità di «acquisire in toto» anche i messaggi e le comunicazioni partite da mail e utenze in uso a Suarez a partire dal 7 settembre. Il bomber uruguaiano non è indagato, al pari della Juventus (anche se la Procura federale potrebbe aprire un faro sulla vicenda) ma potrebbe essere presto sentito come persone informata sui fatti.

UNA GIORNATA STRANA 
Il Suarez day aveva una data storta per gli scaramantici: il 17. Giovedì scorso Luis Suarez, il Pistolero in rotta con il Barcellona, era decollato dalla Spagna (aeroporto catalano di El Prat alle 13,15), atterrato a Perugia (aeroporto San Francesco alle 15,01), sostenuto l’esame di italiano all’Università per Stranieri (mezz’ora in tutto, forse meno) e se n’è tornato in Catalogna (decollo alle 17,30) con un bel diploma in mano. Quello di conoscenza della lingua italiana livello B1, primo passo sul percorso che dovrebbe portarlo ad avere il passaporto italiano. Non avrebbe mai immaginato in un autogol. Lui che quella mattina si era allenato con Messi (erano arrivati insieme al centro sportivo blaugrana), buttandola anche dentro in allenamento.

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