Covid-crisi, enogastronomia determinante per recuperare posizioni

Covid-crisi, enogastronomia determinante per recuperare posizioni
di Fabio Nucci
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Mercoledì 3 Giugno 2020, 07:51
PERUGIA  - L’impatto del lockdown in Umbria peserà tra il 7,4 e l’11,1% in termini di valore aggiunto, ma ogni cittadino nel suo piccolo, con le sue scelte può fare qualcosa per frenare questa caduta. Non è un caso che nei social, si stiano moltiplicando gruppi che promuovono l’acquisto di prodotti nella e della regione. Ad esempio come “Io compro umbro”, che in poche settimane, su facebook ha raggiunto oltre 34.400 iscritti, o “io mangio umbro”, che in pochi giorni conta già centinaia di persone al seguito.
Non un richiamo all’autarchia, quanto una possibilità in più per rispondere alla crisi che ha colpito specie commercio al dettaglio, ristoranti, bar, servizi alla persona e di intrattenimento, il cui stop, secondo una stima dell’Agenzia Umbria ricerche (Aur), pesa per circa il 20 per cento sul Pil regionale. Il tema del “comprare italiano” o umbro in particolare, può essere una delle risposte in questa fase economica. «Ognuno di noi, coi suoi comportamenti di consumo, può incidere sul Prodotto Interno Lordo (Pil)», osserva il ricercatore Aur, Giuseppe Coco, autore del focus “Il Pil, il brutto e il cattivo”. Non basta infatti, alzare una saracinesca per far ripartire gli affari, così come per superare le incognite della ripresa non si potrà prescindere dall’export. «In alcuni settori, si veda ad esempio il tessile anziché la meccanica – aggiunge Coco –, gioca un ruolo importantissimo a sostegno dell’economia. Ma nell’analisi che ho elaborato guardando il capolavoro di Sergio Leone ho voluto spiegare come, partendo dal comparto enogastronomico, le scelte degli umbri possano contribuire a sostenere la ripartenza dell’economia regionale».
Così, nella riflessione dell’economista, il virus è stato paragonato al “cattivo” della situazione, mentre il “brutto” è stato paragonato alle incertezze della variabile tempo. «Il tempo che serve per arginare la pandemia e quello necessario per la messa a punto di una cura farmacologica efficace», aggiunge Coco. «Restava da fare un accostamento rispetto al buono a cui il geniale regista attribuiva un’aura di enigmaticità, inafferrabilità, che però alimentava il presentimento che alla resa dei conti avrebbe potuto rivelarsi il peggiore di tutti. Bene, in questo gioco degli accostamenti per me il “buono” della situazione potrebbe essere il PIL». Dal Prodotto interno lordo, infatti, dipende l’andamento dell’economia nazionale o regionale, essendo rappresentato “dal valore dei beni e servizi finali prodotti all’interno di un Paese (o regione) nel corso di un anno”. E se da una parte è alimentato, ad esempio, da quanto un’impresa (italiana o estera) produce in Italia (o nella regione), dall’altra anche i comportamenti di consumo incidono sul Pil. A cominciare da quelli alimentari. «Prendiamo ad esempio due cene consumate in casa, con menu identico ma con effetti diversi sul PIL. Due amici mangiano salsicce, ma quelle di Alfredo sono prodotte a Norcia e alimentano il PIL italiano (e umbro volendo fare una specifica a livello regionale); quelle di Giovanni sono tedesche e alimentano il PIL della Germania. Poi, entrambi mangiano una mozzarella, ma quella di Alfredo è di Colfiorito ed alimenta il Pil italiano (e umbro volendo fare sempre una specifica regionale); quella di Giovanni è prodotta in Olanda e quindi alimenta il PIL olandese. Questo per dire che gli euro spesi da Alfredo hanno alimentato il PIL italiano e umbro; gli euro di Giovanni, invece, hanno prodotto PIL in Germania e Olanda». La dimostrazione di come coi nostri consumi si possa incidere quotidianamente sul PIL ma anche su come si possa orientare il mercato. «Con certe scelte si può anche influenzare il supermercato di riferimento rispetto ai prodotti che offre», aggiunge Coco. «Preferendo, ad esempio, l’acquisto del latte umbro o italiano rispetto a quello di provenienza straniera».
Anche dall’eCommerce potrebbe arrivare una maggiore spinta al PIL umbro. «Si potrebbe tentare un accordo con le grosse piattaforme commerciali, a partire dalla stessa Amazon, dove poter aprire un “negozio virtuale del Made in Umbria” e vendere i prodotti che rappresentano l’anima enogastronomica della regione come l’olio, i formaggi, il vino, i salumi, i legumi, ecc.. Questo, inoltre, potrebbe far recuperare anche i volumi di business persi durante il lockdown a causa della chiusura di molte attività».
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