«Così abbiamo scoperto come fermare il virus»

Il gruppo di studiosi perugini guidato dal professor Fiorucci
Il gruppo di studiosi perugini guidato dal professor Fiorucci
di Federico Fabrizi
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Domenica 14 Giugno 2020, 08:15 - Ultimo aggiornamento: 16 Giugno, 09:21
PERUGIA-  Funziona. Può essere destinato a pazienti con sintomi lievi, o comunque all’inizio della malattia: è qualcosa di simile ad un “lucchetto” in grado di bloccare l’attacco del Sars-Cov2 alle cellule umane. L’intuizione sta negli acidi biliari. In pratica, molecole endogene in grado di rendere la vita molto dura al Covid-19.
La scoperta è il frutto di un lavoro di ricerca congiunto tra l’Università di Perugia e quella di Napoli. Due gruppi di lavoro si sono mossi in sinergia. L’idea è partita dalla squadra del professor Stefano Fiorucci (Gastroenterologia, dipartimento di Scienze Chirurgiche e Biomediche dell’Università di Studi di Perugia), il team della professoressa Angela Zampella e di Bruno Catalanotti del dipartimento di Farmacia dell’Università Federico II di Napoli ha svolto lo screening computazionale, una sorta di simulazione delle attività delle molecole. Ora i due gruppi sono co-autori della ricerca pubblicata sul sito BioRxiv che riporta l’identificazione di nuovi target molecolari in grado di interferire con il meccanismo d’ingresso del Sars-Cov2 nelle cellule bersaglio.
COME FUNZIONA
La ricerca ha acceso l’attenzione sulla proteina “Spike” del virus, precisamente su alcune “tasche” della struttura della proteina. Con quella “punta” (spike in inglese) il virus entra nelle cellule e inizia a far danni. E qui arriva la scoperta: «Alcune sostanze endogene sono in grado di interferire nel legame di Spike con il recettore Ace 2», spiega il professor Fiorucci.
Gli acidi biliari sono sostanze prodotte nel fegato e nell’intestino dal metabolismo del colesterolo ed e in grado di fermare l’infezione di Sars-Cov2 quando la carica virale non è ancora troppo elevata. Ma non solo gli acidi biliari, anche alcune sostanze naturali hanno lo stesso effetto: la ricerca mostra come i cosiddetti “triterpenoidi” possano essere utilissimi allo scopo. E i triterpenoidi, al di là del nome impronunciabile, sono piuttosto diffusi, sono presenti ad esempio nell’acido beutulinco, una sostanza contenuta nella corteccia della betulla e molto utilizzata in erboristeria, ma stanno pure nel rosmarino o nella liquirizia.
Buona parte del lavoro di ricerca è stato svolto a Perugia: «Abbiamo lavorato con Malattie infettive e Microbiologia - racconta Fiorucci - e abbiamo confrontato l’azione del siero iperimmune con l’attività delle sostanze endogene. Dove il siero con alto dosaggio di immunoglobuline anti-covid neutralizza completamente il legame della proteina Spike, gli acidi biliari arrivano al 50 per cento».
UN PROTOCOLLO DI CURA
La scoperta va nella direzione di un percorso di cura: «La nostra attività - spiega il prof di Gastroenterologia - è stata sostenuta da una start-up, nelle prossime due o tre settimane presenteremo un protocollo all’Aifa, abbiamo già avviato i contatti, l’obiettivo è dare un contributo in questa fase a combattere il virus».
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