PERUGIA - Una ex bandiera del Perugia, il mondo nella night life perugina e pure un orgoglio umbro a Temptation island. Insospettabili e sotto gli occhi di tutti: eccola la banda delle frodi informatiche da 230mila euro al mese. È con stupore, infatti, che si leggono i nomi delle 31 persone indagate dal pubblico ministero Manuela Comodi perché parte di quell'associazione per delinquere (contestata a venti) accusata di beffare ignari correntisti, svuotando i loro conti con mail ed sms fasulli, o di truffare attraverso compravendite di auto e richieste di prestiti col trucco.
Tra i capi della banda – secondo le accuse ovviamente ancora da dimostrare – sarebbe stato Sergio Ercolano, centravanti classe 1982 tra i grifoni del Perugia in Serie C, ultimo botto di mercato della presidenza Silvestrini nel 2008. Lui, insieme ad altre tre persone (il pm in realtà aveva chiesto 16 arresti), è stato raggiunto da un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, mentre altri tre sono finiti ai domiciliari e altri quattro hanno ora l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, dopo l'esecuzione delle misure da parte di polizia e carabinieri. Misure che sono state già convalidate dal gip, mentre gli avvocati della difesa – tra loro Vincenzo Bochicchio e Stefano Tentori Montalto – una volta lette tutte le carte di un'inchiesta davvero complessa e lunga, proveranno a dimostrare la correttezza dell'operato dei loro assistiti.
In base a quanto contenuto nell'ordinanza firmata dal gip Valerio D'Andria, è proprio la posizione di Ercolano ad assumere maggiore valenza: gli si contesta, infatti, di essere - con altri sette - «organizzatore e promotore dell'associazione». Sarebbe stato lui, secondo le accuse della procura, a provvedere «all'organizzazione delle varie frodi finanziarie, al reclutamento di soggetti disposti a richiedere, a loro nome o sotto mentite spoglie, attraverso falsi documenti di identità predisposti dallo stesso Ercolano, finanziamenti e/o prestiti destinati a rimanere insoluti, ovvero ad aprire rapporti finanziari su cui far confluire i proventi delle frodi informatiche, incamerando poi il denaro avvalendosi della collaborazione dei vari associati». Da qui, la richiesta di arresto, un paradosso per un bomber che non si fermava mai davanti agli avversari, forte del suo metro e novanta e uno score di gol (molti di testa) invidiabile, tanto da meritare la nomea di centravanti più forte della Serie C.
A proposito dell'inchiesta, proprio Sofia Calesso spiega attraverso il suo avvocato Annalisa Rosi Cappellani: «Io sono indagata, ma non faccio parte dell'associazione per delinquere, di cui apprendo solo ora l'esistenza. E capisco in che meccanismo perverso ero caduta in un mio momento di debolezza, sia mentale che economica. Ma io per prima sono stata tratta in inganno, quindi a mia volta sono parte offesa. E comunque sarà ora la magistratura a decidere sulla mia posizione».