Paura, attesa, ozio e creatività: «Quest'evento ci ha cambiati». Dallo yoga ai bimbi, storie di vita quotidiana

Paura, attesa, ozio e creatività: «Quest'evento ci ha cambiati». Dallo yoga ai bimbi, storie di vita quotidiana
di Stefano MARTELLA
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Giovedì 19 Marzo 2020, 07:32 - Ultimo aggiornamento: 10:44
È buio. Sono passate le 18.00 da un pezzo. Il bollettino della Protezione Civile sul numero dei contagi, dei decessi e dei guariti da coronavirus, è già stato divulgato. La città è muta. Non un suono si alza dalle strade. Non il rombo delle automobili, non il chiacchiericcio dei passanti. Le luci però sono accese nell'appartamento del palazzo di fronte. Due sagome avvinghiate ondeggiano dentro la cornice di una finestra. I due corpi ballano sinuosi mentre si alza, flebile, la melodia di un tango, a rompere un silenzio che appare eterno, di una città in quarantena.

Sono immagini, frammenti di vita, di un diario di bordo che ogni italiano ha iniziato a imprimere nella mente da quando è entrato in vigore il decreto #IoRestoaCasa. Siamo diventati protagonisti inconsapevoli di un remake de La finestra di fronte, la pellicola di Hitchcock in cui un uomo, costretto sulla sedia a rotelle per una frattura alla gamba, passa il tempo a osservare, attraverso la sua finestra, le vite dei suoi vicini di casa. Ai tempi del Covid 19 abbiamo riscoperto di vivere con delle persone accanto, chiuse come noi nelle loro tane per sfuggire a un predatore impercettibile. Il virus, inoltre, ci ha costretto a fare i conti con il tempo, la cui concezione è radicalmente cambiata. Elizabeth Rubino, 40 anni, è una fotografa italoamericana trasferitasi dal Texas a Nardò. Gli americani, abituati a uragani e cataclismi, prendono sul serio questo genere di appelli. Se gli si chiede di non uscire di casa, non escono di casa. Il giorno dopo il decreto del premier Conte, Elizabeth ha fatto la spesa per tre settimane. Ieri sera si è concessa, in solitudine, una cena speciale: vino bianco e uno spaghetto allo scoglio, ovviamente surgelato, per provare a ritrovare i sapori che, tra le varie cose, l'hanno convinta a trasferirsi nel Salento. La mattina fa yoga sul terrazzo. Il pomeriggio editing delle fotografie. La sera film o libri. Poi ha due gatti. In questi frangenti si può imparare molto osservandoli. L'attesa. La calma. L'ozio.



La quarantena ha regalato sensazioni nuove a Davide Dongiovanni, 39 anni. La sua è una categoria di persone che, più di altre, sta soffrendo l'isolamento. Davide, a causa di un glaucoma, è cieco dall'età di dieci anni e chi ha una disabilità rischia di essere ancora più emarginato in questo periodo. «Da non vedente sono abituato a captare i tanti rumori della città: il traffico, i clacson, il vociare. Adesso tutto questo è svanito, è una sensazione surreale. Mi sembra che sia sempre notte». Francesco Buonerba, 35 anni, ha il blocco dello scrittore. È un curatore d'arte ed è abituato a scrivere progetti. «In teoria questo periodo in casa è il sogno di ogni creativo, per pensare e scrivere. Invece ho repulsione per la scrittura, forse perché le ispirazioni arrivano da fuori, dalla vita, che in questi giorni è sospesa».

Le relazioni sono cambiate, le conversazioni avvengono con videochiamate su Whatsapp ma la lontananza può rafforzare i rapporti, c'è chi ha recuperato il rapporto con il fratello o un amico. Ma è soprattutto dentro le giovani famiglie che nascono dinamiche inedite. Katia e Mirko sono una coppia di quarantenni, la piccola Nilde è nata un anno e mezzo fa. «Ci stiamo dando una routine quotidiana - dice Katia - la mattina ci vestiamo come se dovessimo uscire. I nostri momenti sono quasi tutti dedicati alla bambina, che non va più a scuola. Lei sa che alle 11.30 è l'ora di mangiare l'arancia e tutti insieme rispettiamo questo piccolo evento, normalmente banale, come fosse un rituale. Scandiamo la giornata in tanti piccoli momenti. La nota positiva è che abbiamo più tempo per stare tutti e tre insieme». Mirko gestisce un noto locale della città, prima lavorava la notte e dormiva la mattina. Da quando i locali sono chiusi anche la sua vita è cambiata. «Per la prima volta ci stiamo osservando - continua Katia - sia come persone, sia come coppia, sia come famiglia. Certo, spesso ti sembra di vivere in un film, di svegliarti la mattina e fare sempre le stesse cose. Come in The Truman Show». Nilde è ancora troppo piccola per comprendere quanto sta accadendo ma i bambini hanno un modo loro di decifrare la vicenda, il New York Times scrive di bambine che hanno iniziato a mettere le bambole in quarantena, per cercare di normalizzare. Le famiglie hanno riscoperto l'unità nel chiuso delle loro case ma per molte persone che vivono sole la comunità era fuori.



Le strade della 167, il quartiere popolare della città, sono deserte. Solo un uomo si aggira a passo svelto, avvolto in un camice bianco. Non è un medico ma il salumiere del rione. Dalle sue mani pendono bustoni pieni di cibo. «Qui la maggior parte sono persone anziane, si sono rinchiuse in casa e vado a portargli la spesa - dice Tonio Mannarini - sono angosciate, mi chiedono quando tutto questo finirà. Hanno paura uno dell'altro mentre prima la vicinanza, l'incoraggiarsi a vicenda, era il nostro punto di forza. Quando usciremo da questa situazione lavoreranno molto gli psicologi. Non saremo più quelli di un tempo». In tanti ripetono che questo evento ci ha cambiato, che nulla tornerà come prima. Di certo l'onnipotenza degli uomini si è sfaldata come un castello di sabbia alle prime onde del mare. A causa di un microrganismo. Non ci siamo mai svegliati così fragili e uguali. Così umani.
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