«Combattiamo, rispettiamo le regole»: in un disegno la guerra ostinata e silenziosa dei bimbi dell'Oncologico

«Combattiamo, rispettiamo le regole»: in un disegno la guerra ostinata e silenziosa dei bimbi dell'Oncologico
di Rita DE BERNART
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Martedì 31 Marzo 2020, 07:58
“Combattiamo, insisto. Rispettiamo le regole” dice Elena in un bellissimo disegno realizzato per la scuola. Sono giorni difficili. Ognuno di noi affronta la “prigionia” nelle mura domestiche come può, provando a ritagliare spazi e modi per riempire un tempo che non eravamo forse abituati ad avere così in abbondanza. Ma a soffrire di più di questa condizione di “cattività”  sono certamente i bambini. E’ difficile nascondergli la preoccupazione e le notizie devastanti dei Tg e della rete, ma è ancora più difficile fargli comprendere il perché di questo isolamento forzato.



Perché non posso vedere i nonni? Perché non posso andare al parco? Perché non posso festeggiare il mio compleanno con le persone care? Difficile fargli recepire a fondo il motivo che li ha strappati dal loro piccolo mondo fatto di compagni di giochi e di scuola, di assembramenti ingenui e innocenti, di scambi di baci, abbracci e merende, di grandi sudate nel parco o in palestra. Di impegni. Forse anche troppi. Ma proprio loro, con la straordinaria fantasia tipica dell’età e con la spiccata sensibilità con la quale affrontano anche situazioni che non riescono a comprendere, ci regalano momenti intensi, sorrisi e grandi insegnamenti. Perché quando c’è un nemico da combattere i bambini lo sanno, e lo sanno anche quelli che soffrono, che l’unico modo per vincere è l’unione. Sono guerrieri per natura, i bambini.

Lo sa Elena, 10 anni, che tra i compiti assegnanti online dalle maestre ha realizzato un disegno con un messaggio eloquente. “Una vita saggia e nuova” il tema  per parlare del Covid-19. E la bimba salentina di Vernole ha realizzato un acrostico con la parola Coronavirus “Combattiamo ora restando ognuno nella propria abitazione Vi prego insisto Rispettiamo le regole uniti si vince”. Elena conosce bene il significato della parola combattere perché una battaglia dura, forse anche più di questa, l’affronta da qualche anno il suo fratellino, ormai in via di guarigione. Ed è così che il suo lavoretto è arrivato al reparto di Oncoematologia pediatrica dell’ospedale di Lecce, direttamente nelle mani, o meglio nello smartphone , del priamario Titti Tornesello a cui la famiglia della bimba è molto legata. 



In quella che è una vera e propria trincea di piccoli guerrieri, e delle loro famiglie, che, come direbbe De Andrè, viaggiano in direzione ostinata e contraria con il loro carico speciale di speciale disperazione, il Covid -19 è un nemico in più che si aggiunge a quello che ogni giorno si cerca di affrontare e allontanare. Alle parole della malattia presente e da combattere, ora si aggiungono quelle sulla malattia invisibile e da evitare. Un problema e una preoccupazione che non però cambia le prassi e le abitudini dei bimbi immunodepressi e di chi li assiste, ma che li priva di ulteriori momenti di gioia e serenità come la presenza in reparto dei volontari dell’associazione “Per un Sorriso” in più fondata proprio da genitori di bambini che si sono ammalati di questa terribile malattia.

«Solitamente ci andiamo tutti i giorni- commenta la responsabile dell’associazione Rita Masciullo. I bambini ci mancano molto e noi manchiamo a loro. Sono abituati alla nostra presenza, facciamo tante attività insieme che servono per alleggerire la loro permanenza e farli stare in contatto con il mondo. Ma meglio stare lontani qualche giorno in più che correre rischi. Loro poi sono più coraggiosi degli adulti e più vedono intorno persone positive più affrontano meglio la loro battaglia. Io al mio bambino dicevo -è una guerra contro tutto e tutti  e dobbiamo vincerla».  I lavoretti incantevoli che nascono dalle mani di questi piccoli eroi sono la prova della loro forza. E su un percorso di trasformazione che vede l’angoscia divenire paura si basa l’attività psicologica dedicata.  

«Il lavoro che facciamo – spiega Paolo Colavero, psicologo del reparto- è dare un senso e quindi dare un nome a ciò che si affronta e contro il quale quindi tutti possiamo unirci, in uno sforzo comune, e puntare il dito, dando così ognuno il proprio contributo alla battaglia per la guarigione». Cambia poco nella quotidianità di questi fanciulli e ragazzi, le accortezze che insieme ai genitori devono seguire sono quelle classiche che gli immunodepressi, e i loro parenti e amici, osservano ogni giorno. «Quel che si fa sentire però – continua- è certamente in qualche modo l’assenza degli adulti dai luoghi della cura. I volontari e gli operatori non indispensabili alle terapie, che frequentano di solito più i locali del day hospital, sono rimasti in casa per non veicolare eventualmente il virus ai ragazzi fragili che lo frequentano. La novità più sensibile è forse quella di un rovesciamento, ovvero come ci fosse stata una apertura del mondo esterno a quello interno del Reparto, della vita ovvia delle famiglie dei nostri ragazzi e degli operatori di oncoematologia pediatrica. Tutti, nessuno escluso, condividono ore le nostre solite attenzioni. Tutti si lavano le mani con estrema attenzione, tutti evitano di accalcarsi in luoghi chiusi. Nessuno festeggia con amici e parenti il proprio compleanno, le feste comandate si fanno in casa.
In questo momento siamo tutti immunodepressi, siamo tutti operatori, siamo tutti alle prese con la nostra sicurezza e quella degli altri, la nostra sicurezza che equivale a quella degli altri». Dall’alto del quinto piano si osserva il nuovo DEA, divenuto un ospedale Covid e  lo si osserva con la mascherina indosso, proprio come lo si sarebbe osservato se la pandemia non fosse scoppiata. 
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