Sanremo 2020, Jo Squillo: «Cantavo "Siamo donne" e ora mi hanno esclusa»

Sanremo 2020, Jo Squillo: «Cantavo "Siamo donne" e ora mi hanno esclusa»
di Ilaria Ravarino
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Mercoledì 5 Febbraio 2020, 08:08

Ha scritto nel 1991 un inno femminista che la critica sanremese non capì. Una canzone, Siamo Donne, che nell'anno del Sanremo delle donne, del passo avanti contro il passo indietro, delle dieci co-conduttrici e della misoginia in salsa trap, avrebbe messo d'accordo - per una volta - tutti. Si riuniscono I Ricchi e Poveri, si riabbracciano Albano e Romina. Ma in questo Sanremo 70 Sabrina Salerno e Jo Squillo restano separate. Una sul palco, Sabrina, l'altra a casa, Jo. «Un peccato», dice Squillo, a poche ore dall'inizio della manifestazione. Che guarderà in tv.

Siamo donne ha quasi trent'anni: il festival l'ha dimenticata?
«Mi meraviglio che Amadeus abbia iniziato il Festival senza ricordare quel brano o usarlo per raccontare la lotta per le donne. L'ho scritta 30 anni fa e da allora è considerata un inno alla femminilità. È ancora molto amata, l'ho subito pensata come una canzone femminista. Allora ero incazzata perché non davano spazio alle donne e ci trattavano male. Non è cambiato nulla».

Sanremo 2020, le pagelle delle canzoni: Anastasio 8, Achille Lauro 6, Marco Masini 5

Sanremo 2020, le pagelle dei look della prima serata. Rula Jebreal 8, Diletta Leotta 6. Ma il look più bello è di Achille Lauro

 

 

Anche i critici non la amarono.
«Non ci potevano vedere a me e Sabrina. Eravamo troppo donne, troppo fighe, troppo toste. Gli facevamo paura. Ci hanno passate in scaletta all'una di notte. E abbiamo fatto ascolti da diciotto milioni di spettatori, numeri dell'altro mondo. Il giorno dopo ci hanno dato una decina di guardie del corpo».

È vero che voleva bruciare le banconote sul palco?
«Vero, mi fermò Sabrina. Venivo dal punk. Ero e sono ancora oggi contro un sistema discografico che mercifica la musica. Se quest'anno mi avessero invitata a Sanremo, lo avrei fatto».

E invece?
«Purtroppo non è arrivato nessun invito. Se lo avessero fatto ci sarei andata. Da femminista».

Lo guarda questo Sanremo?
«Lo guardo per Sabrina, l'ho sentita per farle l'in bocca al lupo. È una grande, è molto conosciuta all'estero, la sua musica è amata. Ha resistito a tutto».

La canzone Siamo donne, però, è sua.
«I diritti sono miei. Ma sarei felice se Sabrina la cantasse a Sanremo. Non so se lo farà».

Sanremo è maschilista?
«Su alcune cose siamo anche tornati indietro. Sanremo è una bellissima vetrina, che però rispecchia anche il peggio della società».

Cioè?
«Sul palcoscenico sento usare linguaggi discutibili. Penso a Junior Cally, i cui testi sono indice di un'arretratezza culturale vergognosa».

Scusi ma il trap non è punk?
«No. È raccapricciante. Donne che devono stare zitte, o finire in una bara. È irricevibile. La trap, se è soldi droga e maschilismo, non serve. Viene dai ghetti americani, gli italiani copiano e basta. Potremmo invece raccontare una società più umana, rispettosa. La trap mi fa paura».

Lei però cantava Violentami.
«La mia prima canzone fu Sono cattiva, la seconda Orrore orrore e la terza Violentami. Era un percorso di provocazione. Fare punk voleva dire esprimere concetti forti per provocare reazioni. Ancora oggi mi chiedono di cantarla. L'ho scritta perché una ragazza fu violentata in metro, e per la gente era colpa sua perché aveva la minigonna. Se l'era cercata, dicevano. E allora ho detto violentami, se hai il coraggio».

Ha mai avuto esperienze di violenza?
«Nessun uomo con me ha osato farlo».

Myss Keta dice che è uno dei suoi modelli. Le piace?
«Ma che carina a dirlo. Oggi vedo ragazze che hanno l'incazzatura necessaria per abbattere i muri che le ostacolano. Il sistema musicale è maschilista».

Sanremo incluso?
«Veda lei: non c'è mai stato un direttore artistico donna. Un direttore artistico uomo porta di sicuro più uomini in gara. Altro che quote rosa a Sanremo, ci vorrebbe altro. Il regolamento dovrebbe imporre la parità».

Lei è per il #metoo?
«Credo di averlo anticipato. Otto anni fa ho fatto una manifestazione contro il femminicidio, Wall of dolls. Ieri sera Jessica Notaro era sul palcoscenico, sono fiera e orgogliosa della sua rinascita. Per le vittime di violenza è sempre difficile rifarsi una vita. Ho fondato una Onlus per aiutarle. Ho portato un documentario a Venezia. Voglio cambiare la cultura italiana».

I suoi progetti?
«Sto organizzando un grande otto marzo in piazza duomo a Milano, poi un Wall of dolls a Roma. Invito ufficialmente tutte le artiste donne di Sanremo sul nostro palco. Faccio un appello alle Sanremo girls: venite a dire anche voi che senza le donne non solo Sanremo, ma l'Italia tutta, non va da nessuna parte».

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