Facebook down, l'ex manager accusa: «Crea dipendenza come il fumo e Zuckerberg lo sa»

Dopo il black out dei social l'azienda ha perso 6,1 miliardi. Il guasto ha spinto parecchi utenti a fuggire su Twitter e a riscoprire gli sms

Facebook down, l'ex manager accusa: «Crea dipendenza come il fumo e Zuckerberg lo sa»
di Andrea Andrei
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Mercoledì 6 Ottobre 2021, 06:35 - Ultimo aggiornamento: 7 Ottobre, 10:35

L'incubo più lungo di Facebook è iniziato lunedì alle 17.40 ora italiana, quando come in una puntata della serie tv distopica Black Mirror, i social network più utilizzati sulla Terra sono improvvisamente e semplicemente spariti da Internet. Ed è continuato ieri, con la testimonianza davanti a una sottocommissione del Senato Usa di Frances Haugen, l'ex manager 37enne dell'azienda di Menlo Park che ha deciso, con un tellurico dossier consegnato al Wall Street Journal, di gettare luce sui lati oscuri delle piattaforme gestite da Mark Zuckerberg. «I prodotti di Facebook danneggiano gli adolescenti, seminano divisioni e indeboliscono la nostra democrazia», ha scandito la talpa. «La leadership della compagnia sa come rendere Facebook e Instagram più sicuri ma non vuole fare i necessari cambiamenti perché ha messo i suoi astronomici profitti davanti alla gente e ha scelto di crescere ad ogni costo».

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I DISTURBI
Le accuse lanciate dall'ingegnera informatica si sono concentrate soprattutto sul rapporto che i più giovani hanno con i social, a partire da Instagram: oltre il 6% dei bambini, ha sottolineato Haugen, ne sarebbero talmente dipendenti da esserne «danneggiati materialmente» sia nella salute che nel rendimento scolastico.

Tra questi danni, si parla di disturbi alimentari, del rapporto che gli adolescenti hanno con la propria immagine e di bullismo: «I ragazzi vengono perseguitati fino in camera da letto». Non solo, perché secondo la donna, che ha anche presentato una denuncia alla Sec (l'autorità di Borsa americana), l'azienda avrebbe ingannato gli inserzionisti, distorcendo i dati per farli pagare di più: in particolare, durante la pandemia, il social avrebbe registrato un calo degli utenti più giovani, considerati «una fascia demografica ad alto valore» e addirittura, secondo un'indagine interna citata da Haugen, il numero di utenti giornalieri del social negli Stati Uniti potrebbero ridursi del 45% entro il 2023. Tutti parametri che Facebook avrebbe «falsato». «Zuckerberg», ha concluso la donna, «ha un controllo sproporzionato» sull'azienda, «e quasi nessuno al di fuori di Facebook sa cosa succede all'interno di Facebook. È spaventoso». Più volte durante l'audizione in Senato è stato fatto il paragone tra le multinazionali hi-tech e quelle del tabacco: «Proprio come per le sigarette è provato che Facebook sa che i social provocano dipendenza», ha detto il senatore democratico Richard Blumenthal, trovandosi d'accordo anche con i repubblicani. Un altro senatore dem, Ed Markey, ha pure definito Haugen «un'eroina americana del XXI secolo».

Facebook, dalla sua, attraverso il portavoce Andy Stone, ha replicato che «Frances Haugen non ha lavorato sulla sicurezza per i bambini o su Instagram o su ricerche su questi temi». La pesantezza delle accuse ha quasi fatto passare in secondo piano l'incidente informatico del giorno prima, quando, probabilmente a causa di un problema con i DNS (Domain Name System), vale a dire i sistemi che associano gli indirizzi generali - come facebook.com, appunto - ai singoli indirizzi IP impiegati dagli utenti, Facebook, Instagram, WhatsApp e tutti i servizi correlati a queste piattaforme sono andati in blackout mondiale per quasi 7 ore. In pratica, è come se la comunicazione tra i siti web di Menlo Park e i dispositivi di circa 3,5 miliardi di utenti delle piattaforme fosse stata interrotta. Un guasto - ma non è chiaro se dietro al problema ci sia stato o meno lo zampino di hacker - che ha scosso tanto le certezze dell'azienda quanto quelle degli stessi utenti. E mentre il ceo Mark Zuckerberg chiedeva pubblicamente scusa con un post per «l'interruzione del servizio» insieme ad altri manager del gruppo fra cui il capo di Instagram, Adam Mosseri, l'azienda faceva la conta dei danni, che alla fine ammontano a 6,1 miliardi di dollari. Ma se queste sono le conseguenze calcolabili, poi ci sono le incalcolabili, che hanno a che fare con la quotidianità delle persone, ormai profondamente segnata dalla presenza dei social. Tanto che la domanda che rimbalza di più in queste ore è se sia giusto e tollerabile che un'azienda privata abbia una tale influenza sulla vita degli individui.


IL BLACKOUT
Per molti, che attraverso le piattaforme di Facebook vendono prodotti e servizi, il danno è stato economico, l'equivalente di dover chiudere un negozio un giorno intero. Per altri, che utilizzano i social e la chat di Menlo Park per comunicare sul lavoro, il disagio è stato infernale. Ma la maggior parte delle persone si è improvvisamente divisa fra quelli che si sono sentiti orfani, e sono fuggiti terrorizzati su altre piattaforme come Twitter (lì c'è stato addirittura chi in serata, non resistendo al silenzio del proprio smartphone, ha creato dei gruppi solo per chiacchierare) o Telegram e chi invece si è sentito sollevato: niente più notifiche martellanti, niente foto di piatti in tavola o selfie rubati, niente di niente. Solo una serata da riempire, magari riscoprendo gli sms - limitati - per comunicare. E per riflettere sulla differenza, nella tecnologia, tra strumenti utili (come le chat) e i riempitivi. Il giorno più lungo è finito insomma, ma tutto lascia pensare che non sarà l'ultimo.

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