La tv che cambia e il web, Gianluca “Fru” Colucci: «L'identità giustifica il mezzo»

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di Ilaria Ravarino
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Mercoledì 22 Settembre 2021, 12:29 - Ultimo aggiornamento: 23 Settembre, 16:29

Video, webserie e film per il cinema. Libri, serie, televisione. E un podcast, ancora senza titolo, dedicato al mondo di internet, in arrivo nei prossimi mesi. Il collettivo napoletano The Jackal è il gruppo più attivo d’Italia nella creazione di format crossmediali, spericolato sperimentatore di generi, temi, contenuti e “contenitori”. E ora ci avviamo verso la rivoluzione dei televisori. «Ci manca solo il videogioco, poi li abbiamo provati tutti – commenta Gianluca Colucci detto Fru, 25 anni, tra i fondatori – Non ci precludiamo niente, purché sia qualcosa che diverte per primi noi».

Il contenitore sui cui create cambia il contenuto?

«Sì. Il lavoro del creatore di contenuti consiste proprio nel sapersi adattare a piattaforme diverse. Quello che non deve mai cambiare è l’identità di chi parla: siamo sempre i The Jackal, ma su più formati. Il nostro approccio comico, e la napoletanità usata come colore, restano le nostre costanti».

Da quale piattaforma avete cominciato e perché?

«Le origini del gruppo risalgono alla fine degli anni ‘90, quando Ciro Priello, Simone Ruzzo e Francesco Ebbasta, dopo aver frequentato un corso di cinema a scuola, hanno iniziato a creare dei video. Quando nel 2006 YouTube è arrivato anche in Italia, hanno caricato i lavori su quella piattaforma. Era la novità del momento, approcciata per gioco, senza prospettive commerciali».

Come si comunica sulla rete?

«La rete è per natura irriducibile a un’unica formula perché la sua flessibilità la rende adatta a una grande varietà di contenuti. Oggi di varietà ce n’è talmente tanta che il panorama è quasi saturo. L’unica regola che funziona ancora è una non regola: seguire le proprie inclinazioni, senza pensare cosa possa piacere agli altri».

E sui podcast?

«Il podcast è un formato solo audio che può ospitare contenuti di più ampio respiro. Ci permette di mantenere alto il livello del ritmo, trattando argomenti che di solito non riusciamo a seguire. Ora stiamo lavorando a un podcast sulla storia di internet raccontata attraverso aneddoti curiosi su come il web si sia evoluto. Ci lavora tutto il gruppo, collettivamente».

Il cinema, invece?

«Il lavoro sul cinema e sulle serie non è molto diverso da quello che facciamo per il web. Siamo abituati a lavorare ai video con troupe di dimensioni cinematografiche e set numerosi. La vera differenza è il mantenimento della coerenza su una durata più lunga. Cambia, fondamentalmente, il livello di concentrazione richiesto. Di esperienze cinematografiche ne abbiamo avuta una sola nel 2017, con AFMV - Addio fottuti musi verdi, e poi abbiamo girato la serie Generazione 56k per Netflix: in entrambi i casi, abbiamo sempre fatto quel che volevamo.

Generazione 56K, sul disagio generazionale dei ragazzi cresciuti negli anni ‘90, deve molto ai corti che abbiamo girato per il web, come 30 anni o La rimpatriata del liceo».

Avete commentato gli Europei per Rai Play: in tv come vi muovete?

«È stata un’esperienza completamente nuova. Fortunatamente sul web avevamo già sperimentato contenuti e format unscripted, come i commenti sul divano guardando Sanremo. Ci siamo semplicemente adattati alle regole della tv in diretta: non accavallarsi e fare attenzione ai tempi. Ci siamo allenati nella palestra di casa nostra: il web».

L’interattività delle smart tv come sta cambiando i contenuti?

«La possibilità di avere a disposizione formati diversi su un unico strumento conduce inevitabilmente a una contaminazione fra contenuti. Il web ha portato una grandissima libertà creativa ed espressiva e ha innescato un’evoluzione inarrestabile. È un’avanzata che sta cambiando anche il modo di esprimersi in tv. La nostra trasmissione su Rai Play ne è un esempio: l’ispirazione maggiore di Europei in casa The Jackal deriva da Twitch, la piattaforma web sulla quale il genere del “commentary” (il commento ai programmi, ndr) esiste da anni. Abbiamo preso quel format consolidato, e lo abbiamo applicato alla tv».

Avere a disposizione più piattaforme stimola o frustra?

«Noi lo viviamo come un enorme stimolo. Sappiamo di avere la possibilità di esprimerci, declinando i nostri temi in tanti modi diversi».

E il vostro metodo di lavoro? C’è chi è più portato per una determinata piattaforma?

«Assolutamente si, tutti i membri dei The Jackal vengono da un percorso e da una formazione diversa. Fabio ha fatto studi di teatro drammatico, Ciro nasce come ballerino e showman, io ho studiato musica tutta la vita. E l’ho fatto talmente bene che adesso faccio l’attore. Forse avere questa varietà di percorsi, indipendentemente dal contenitore scelto, è proprio ciò che ci invoglia a sperimentare».

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