Sono passati vent’anni in più del previsto, ma la “febbre” per le stelle sta tornando. Era il caldo luglio del 1968 quando esordì nelle sale cinematografiche “2001 Odissea nello Spazio”. Il giovane e affermato regista Stanley Kubrick forse immaginò che, con l’ingresso nel nuovo millennio, qualcosa sarebbe cambiato nell’esplorazione dell’ignoto. Il sogno era lecito soprattutto perché in quel frangente si stava consumando l’atto topico della “battaglia dei cieli”. Era infatti pienamente in atto la corsa alla Luna fra le potenze dell’epoca, in rappresentanza di due modi di vivere differenti, che si erano sfidate a chi otteneva più gloria fuori della nostra orbita. Un duello estremo, lanciato addirittura qualche anno prima dal presidente degli States J. F. Kennedy. Parlare di razzi e navicelle era un “discorso da bar” in quei giorni poiché, solo 12 mesi dopo, Apollo 11 con tre eroi a bordo conquistò la Luna e l’uomo mise il naso su un suolo diverso dal suo habitat. Il primo passo sul nostro amato satellite fu anche l’ultimo dell’appassionante rincorsa. Lo Spazio, almeno all’epoca, non era un business. Ed era agli ultimi sgoccioli pure il braccio di ferro Usa-Urss durato qualche decennio. Non c’era più ragione di sfide simboliche per dimostrare la superiorità di una visione sull’altra e l’epopea delle “guerre stellari” finì nel cassetto. Ora si riaccende la luce ed il 2021 segnerà un’altra significativa tappa nell’esplorazione spaziale, quasi quanto lo fu quella del 1969.
LE SPEDIZIONI
Per la prima volta nella storia, infatti, con due missioni completamente differenti sia come approccio che come modalità, usciranno dall’orbita terrestre persone completamente all’oscuro dell’esplorazione spaziale. Non sono astronauti. Sembra poco, ma è un’apertura epocale. Anche senza cercarlo con impazienza, lo Spazio ci è venuto incontro. E, in un posto dove ora vanno pure le “persone normali”, si può concretamente pensare a nuove avventure, magari alla conquista di Marte. Non è facile crederci, ma questa nuova accelerazione non è dovuta alle Potenze globali, ma in gran parte al genio e alla creatività di menti un po’ “folli”. In particolare di uno. Le due missioni sono volute dai miliardari Elon Musk e Richard Branson: faranno assaggiare lo Spazio a Tom Cruise e al regista Doug Liman (l’uno) e ad un gruppo di facoltosi turisti (l’altro).
Leggi anche:
Spazioporto di Grottaglie, gate dell'universo: da lì partiranno i turisti per volare in orbita
LA COMPLICITÀ
Come è sempre avvenuto, non tanto fra l’industria spaziale e quella dell’auto, ma fra il “volo” e l’automotive. Prima che i mercati finanziari chiedessero una “specializzazione” delle attività, le aziende di autoveicoli producevano anche aerei poiché le due tecnologie erano vicine e si stimolavano a vicenda. La seconda, però, era chiaramente in vantaggio in quanto più raffinata e consentiva una sperimentazione in anticipo. Il logo della BMW è un’elica stilizzata e la divisione aerospaziale della Rolls Royce, ora separata dal costruttore di auto, fattura almeno dieci volte in più. Per non parlare di Case a noi più vicine come la Fiat o l’Alfa Romeo o, addirittura, la Ford che, durante l’ultimo conflitto mondiale, divenne il primo produttore di aerei del mondo. Ecco, nella mente di Musk si innescherà certamente questa complicità. In quali campi? Molti, quasi infiniti. Anche perché l’auto del futuro sarà molto più simile ad un areo o ad un razzo. Il terreno comune sarà la guida autonoma e l’intelligenza artificiale, ma si potrà lavorare insieme anche sulla gestione dell’idrogeno, la ricerca sui materiali leggeri e, perché no, sulla batterie. L’industria dall’auto sta investendo così tanti miliardi sulle celle degli accumulatori, che questi studi potranno tornare utili anche per andare su Marte.
Profilo Abbonamenti Interessi e notifiche Utilità Contattaci
Logout