Gianni Dominici: «Svolta digitale, l'accelerazione conseguenza della pandemia»

Gianni Dominici: «Svolta digitale, l'accelerazione conseguenza della pandemia»
di Francesco Malfetano
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 16 Dicembre 2020, 15:40 - Ultimo aggiornamento: 12 Maggio, 16:32

«Il 2020 è stato un anno terribile ma decisivo. Il Covid ha messo in discussione la nostra concezione di smart city, e abbiamo compreso finalmente che ci si muove su due direttrici: una blu e una verde. Digitale e sostenibilità». Per Gianni Dominici, presidente di Forum Pa, società che da anni elabora un report sulle città più smart del Paese analizzandone passi in avanti e criticità, in Italia «abbiamo iniziato a capire, e ora che c’è una grande opportunità grazie al Next Generation Eu, non resta che trovare il modo per fare progetti seri e mettere le competenze a sistema».

Professor Dominici cosa cambia tra la classifica di quest’anno e quella del 2019.

«Quella di quest’anno è dedicata all’avanzamento digitale delle città.

Non ce la sentivamo di fare la solita classificazione a tutto campo perché sarebbe stata poco precisa per la pandemia, così abbiamo puntato sulla trasformazione in corso».

La sindaca Anne Hidalgo: «Parigi smart city, la mia sfida»

Smart city, le province più all'avanguardia delle capitali

L'idrogeno sale sui treni, viaggeremo a vapore

E cos’è successo quindi?

«C’è stato lo sdoganamento del digitale. Un esempio su tutti: su 3 rilevazioni (2019, inizio 2020 e novembre 2020) il numero dei comuni senza servizi digitali è passato da 42 a 18, Abbiamo capito a tutti i livelli che i nuovi strumenti permettono di offrire servizi e governare il territorio. Che non è una cosa da nerd ma un fattore di resilienza».

Però c’è tanta strada da fare, basta vedere come le città italiane si posizionano a livello globale.

«Certo, questa è stata un’accelerazione di cui hanno beneficiato soprattutto le città che si erano mosse bene da prima. Chi stava a 0 ora sta a 1, chi stava a 10 ora a 50. Ma abbiamo compreso che si tratta di un asset importante con cui le città possono ristrutturarsi. Dobbiamo intendere i centri come una piattaforma».

 In che senso?

«Un qualcosa con cui interagire in modo nuovo. Pensiamo a mobilità e spostamenti, e immaginiamo nella quotidianità cosa significa ad esempio togliere dal traffico di Roma i 400mila dipendenti pubblici. Ma prima serve offrire servizi, non solo online. E quindi connettività e coworking, con hub territoriali che permettono di recuperare quartieri periferici. C’è tanto da fare».  

© RIPRODUZIONE RISERVATA