Lo scarpone da montagna è anti-inquinamento: il green lab di Scarpa ha sviluppato una calzatura dagli scarti delle produzioni

Il green lab di Scarpa ha sviluppato una calzatura dagli scarti delle produzioni

Lo scarpone da montagna è anti-inquinamento: il green lab di Scarpa ha sviluppato una calzatura dagli scarti delle produzioni
di Mattia Zanardo
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Mercoledì 15 Marzo 2023, 12:23 - Ultimo aggiornamento: 16 Marzo, 07:42

Della calzatura da montagna e da sci non si butta via nulla.

Questo almeno è l’obiettivo di Scarpa, azienda di Asolo, tra i leader mondiali del settore, per ridurre il più possibile l’impatto ambientale delle proprie produzioni. Negli scarponi da sci, per esempio, uno dei problemi riguarda la quantità di scarti derivati dallo stampaggio degli scafi: dal 1995 a oggi, lo storico marchio ne ha accumulati per circa tre tonnellate. Accuratamente stoccati e catalogati, questi “sfridi” sono diventati la base del primo modello da scialpinismo interamente creato con uno specifico polimero plastico rigenerato: battezzata Maestrale Re-Made, la versione di uno degli scarponi di maggior successo della casa trevigiana è stata proposta sul mercato all’inizio dell’attuale stagione invernale in un’edizione limitata: 2.022 paia disponibili in alcuni punti vendita selezionati della rete mondiale e nel negozio online dall’azienda.

L’ESEMPIO

La produzione di un paio di Maestrale Re-Made consente l’abbattimento di emissioni di anidride carbonica del 27% rispetto al processo di realizzazione del “tradizionale” Maestrale in PebaxRnew, materiale che, essendo di origine vegetale, già consente una riduzione delle emissioni del 32% in confronto alle plastiche di origine fossile. La progettazione e l’intero iter di fabbricazione del Re-Made sono stati sviluppati dal Green Lab di Scarpa, il reparto produttivo dedicato alla sperimentazione di soluzioni sostenibili. «Dopo aver lanciato nel 2021 la MojitoBio, prima calzatura certificata biodegradabile al 100%, e altri prodotti fortemente orientati alla sostenibilità, oggi compiamo un altro passo fondamentale verso la riduzione dell’impatto ambientale nella produzione di scarpe – sottolinea Sandro Parisotto, presidente di Scarpa – Oltre 25 anni fa abbiamo avuto l’intuizione e la lungimiranza di catalogare e archiviare ordinatamente gli scarti di produzione: un approccio visionario rivolto al futuro, con la consapevolezza che prima o poi la tecnologia ci avrebbe consentito di valorizzare un materiale altrimenti destinato al macero. Quel momento è finalmente arrivato».

LA FILOSOFIA

 Non un progetto singolo – assicurano i vertici del gruppo asolano – ma inserito in una vera e propria filosofia operativa, messa nero su bianco nel Green Manifesto: una serie di principi di sostenibilità da tradurre in azioni concrete.

Per questo il lancio del Maestrale Re-Made è coinciso anche con l’avvio di una collaborazione con Pow-ProtectOurWinters Europe, associazione no profit impegnata nella salvaguardia dell’ambiente e nella sensibilizzazione in materia di cambiamento climatico. Anche altre imprese del comparto, va detto, stanno lavorando a programmi per riciclare o ridurre il consumo di materiali negli scarponi da sci: ognuno di essi, in media, comprende 120 componenti diversi. Altrettanto complesso, però, è intervenire sulle calzature da trekking o outdoor: queste, anzi, sono costituite da un mix di materiali molto eterogenei, spesso ancora più difficili da separare. Di conseguenza, la grande maggioranza dei 24 miliardi di nuove paia prodotte ogni anno nel mondo, una volta dismesse dagli utilizzatori, finisce in discarica.

IL CONSORZIO

Scarpa, in qualità di capofila di un consorzio di varie realtà internazionali, tra cui per esempio l’università di Bologna, ha promosso il progetto “Re-shoes”: lo scopo è produrre nei prossimi anni un nuovo modello di scarpa di alta qualità attraverso il riciclo di calzature usate, diminuendo così lo smaltimento e l’uso di materie prime vergini e mirando ad azzerare i rifiuti post-lavorazione. «Un’iniziativa di economia circolare finalizzata a implementare un nuovo business sostenibile, che auspichiamo possa diventare una prassi consolidata a livello di filiera – spiega l’amministratore delegato Diego Bolzonello – La novità risiede nel fatto che le calzature a fine vita diventano la fonte da cui ricavare nuovi materiali da usare direttamente nella produzione di nuove scarpe, invece di essere utilizzate per prodotti di qualità inferiore o in settori diversi da quello di origine». Attraverso i negozi in Italia, Germania, Austria e Francia, è iniziata la raccolta dai consumatori di 15mila paia usate di “Mojito”, altro pezzo forte del catalogo dell’azienda. Queste scarpe poi porteranno alla realizzazione di altrettante paia di nuove calzature, con un impiego di materiale riciclato tra il 50 e il 70%. In particolare, verrà sperimentato un innovativo metodo per il recupero delle pelli e un’attenzione specifica verrà dedicata alla gestione dei residui di gomma pre-consumo, generati durante il processo di taglio, ora quasi del tutto termovalorizzati. Il progetto, da 2,6 milioni di euro, finanziati con fondi europei, punta a ridurre, rispetto ai processi standard, il 52,4% di gas serra, il 50% di sostanze chimiche, il 65% di consumo di acqua e il 54,5% di energia. Senza buttare via (quasi) niente.

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