Sono io, la prescelta. Da una dozzina d’anni su quindici totali di professione, il mio nome prima e il mio volto poi, sono connessi alla tecnologia. “Giornalista-Blogger”, recitava la qualifica sul primo giornale che mi assunse, che poi fu lo stesso a spedirmi come “inviata su Second Life” (un mondo virtuale dei primi anni Duemila). Scrivo e conduco un programma per RaiPlay dedicato all’innovazione, modero eventi che riguardano il digitale, in ogni sua forma. Questa premessa serve solo a svelare la perfidia della richiesta che mi è stata rivolta, cioè quella di mostrare in questa sede il mio lato oscuro, quello che con la tecnologia potrebbe fare a pugni. Non nego che all’inizio la domanda è suonata come un: «Ciao, lo vuoi perdere il lavoro?». Poi ci ho pensato. Ho accettato perché ciò che ha mosso il mio interesse verso la tecnologia sono le persone che la inventano e ancor di più quelle che la usano. Sempre persone. Non sono una da recensioni di prodotto: per me la regola aurea resta “spegni e riaccendi”. L’hardware mi è ostile, il software no. Se un programma si impalla, io premo compulsivamente tasti come una luddista qualsiasi. Quando chiedo agli intervistati «spiegalo come fossi tua nonna» è perché io sono tua nonna. L’attenzione alla socialità prima che fosse “social”, mi ha solo permesso di avere uno sguardo attento al cambiamento. E la tecnologia questo fa: cambia le cose. A partire dalle mie. Non sono più quella di una volta.
IL PASSATO
I post del mio blog (su Aruba e poi Splinder, prima che WordPress ci salvasse), erano molto più intimi nel 2006 di quanto lo siano ora.