«Amore per la patria e per la scienza possono andare molto bene insieme».
Ci sarebbe qualcosa di molto vicino a questa dichiarazione del premio Nobel Giorgio Parisi - citata da chi è vicinissimo alla premier - ad aver spinto Giorgia Meloni ad accelerare sul progetto dell’Einstein Telescope. Ovvero a spingere perché si formalizzi «nel giro di qualche settimana» la candidatura dell’Italia ad ospitare «un piccolo Cern» italiano. Progetto in cui, ha sottolineato non a caso pochi giorni fa la ministra dell’Università e la Ricerca Anna Maria Bernini, «il governo crede molto».
INVESTIMENTI
L’obiettivo è ambizioso e rientra in quell’eredità a lungo raggio che l’esecutivo meloniano vorrebbe lasciare al termine della legislatura (la decisione della Ue prevista nel 2024 non arriverebbe prima del 2025). L’ET, com’è allusivamente soprannominato il progetto, sarebbe infatti il più grande rilevatore di onde gravitazionali al mondo.
PRESTIGIO
Anche perché al netto del prestigio internazionale, portare ET in Italia è un investimento economico dal sicuro ritorno, in un’area oggi in difficoltà. Il sito individuato è infatti la miniera dismessa di Sos Enattos in Sardegna. E in particolare a Lula, nel nuorese, dove la chiusura del 1996 ha inaugurato uno svuotamento che è possibile invertire. Le stime sul tavolo del governo parlano non a caso di un effetto di triplicazione su ogni euro investito. E, soprattutto, dello sbarco sull’Isola di più di un centinaio di ricercatori da tutto il mondo. Una strada che, almeno sulla carta, è stata già imboccata dal governo con la Manovra che ha confermato l’aumento graduale delle risorse per il Fondo Ordinario (FFO), assegnando 515 milioni di euro per il 2023.
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