L'industria manifatturiera dell’abbigliamento è una delle più inquinanti.
Si stima che la fast fashion – che produce collezioni di capi ispirati all’alta moda, rinnovate in tempi brevi e low cost – sia responsabile del 10% dell’utilizzo globale di acqua nell’industria e che produca il 10% delle emissioni globali di gas serra. E solo l’1% dei vestiti vieni riciclato per realizzarne di nuovi. Necessario, quindi, un cambio di paradigma, a vantaggio della sostenibilità, anche nel comparto moda; e va in questa direzione il progetto Trick, una piattaforma digitale che traccia tutto il percorso che compie un capo d’abbigliamento: dalla materia prima al fine vita, grazie alla tecnologia blockchain. Finanziato all’interno del programma europeo Horizon 2020, il progetto Trick – che coinvolge i centri di ricerca di 11 Paesi, Enea per l’Italia e 31 imprese, tra cui Lanificio Fratelli Piacenza – consente alle aziende della moda di raccogliere dati verificati e non modificabili sulla storia dei prodotti, attraverso l’innovativo paradigma tecnologico delle “catene a blocchi” (blockchain).
LA FRAMMENTAZIONE
«Il settore moda è uno tra i più frammentati, con la presenza, soprattutto in Italia, di Pmi anche molto piccole e poco digitalizzate. Integrità, verificabilità e tracciabilità dei dati sono fondamentali per garantire trasparenza e visibilità lungo tutta la filiera. Questo nel contesto italiano evidenzierebbe la qualità del prodotto e la virtuosità delle nostre aziende» spiega Gessica Ciaccio, ricercatrice Enea del Laboratorio Cross technologies per distretti urbani e industriali, che aggiunge: «La tecnologia blockchain supporta il tracciamento dei prodotti, garantendo l’immutabilità delle informazioni raccolte direttamente sul campo seguendo tutto il ciclo vita del prodotto. Grazie all’applicazione sarà possibile tracciare la qualità dei processi produttivi, la salubrità e la circolarità delle materie prime utilizzate per la produzione dei capi, garantendone la sostenibilità. L’obiettivo principale è quello di promuovere la credibilità delle transazioni tra le parti: le organizzazioni coinvolte in una transazione, e persino le autorità di regolamentazione possono verificare e determinare se i dati e le relative transazioni sono veritieri o meno». La tecnologia delle catene a blocchi, infatti, permette il collegamento univoco tra i beni e le loro caratteristiche registrate in piattaforma, dove ogni modifica viene annotata, al fine di consentire uno scambio automatizzato delle informazioni tra i vari sistemi aziendali e interlocutori della filiera che interagiscono nella produzione, senza che i dati perdano di affidabilità. In questo modo la blockchain contribuirà a garantire l’originalità dei capi, prevenendone la contraffazione, e concorrerà a tutelare i consumatori contro l’utilizzo di prodotti chimici pericolosi. «Garantire la piena e totale tracciabilità dei prodotti all’interno di una filiera, soprattutto in un settore che presenta a volte delle zone d’ombra, è uno dei modi per affrontare attivamente il problema della contraffazione – spiega ancora Ciaccio – il supporto della tecnologia blockchain nell’archiviazione sequenziale dei dati primari raccolti, relativi alle varie fasi di creazione, lavorazione e distribuzione dei prodotti permette di certificare la loro origine e provenienza». «Le informazioni – aggiunge – vengono così collegate, cristallizzate e rese verificabili da tutti gli stakeholder, compreso il consumatore finale.
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