Violenza sessuale sul bus urbano, «scema, menomata»: così gli autisti insultavano la ragazza disabile. L'ordinanza

Violenza sessuale sul bus urbano, «scema, menomata»: così gli autisti insultavano la ragazza disabile. L'ordinanza
di Nazareno DINOI
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Lunedì 26 Luglio 2021, 21:04 - Ultimo aggiornamento: 27 Luglio, 08:23

La ragazza con disabilità mentale che ha denunciato gli autisti dell’Amat di Taranto accusandoli di aver abusato sessualmente di lei per quasi due anni, aveva subìto un’altra violenza sessuale, da altra persona, quando aveva ancora 14 anni. I fatti per i quali esiste una sentenza di condanna nei confronti del pedofilo violentatore, risalgono al 2014. 
Un elemento questo, contenuto nelle carte dell’inchiesta, che rende ancora più dolorosa la vicenda che coinvolge ora otto dipendenti dell’Amat Spa. L’azienda pubblica di mobilità urbana controllata al 100 percento dal Comune di Taranto, non ha ancora avviato nessun procedimento disciplinare nei confronti degli indagati contro i quali il giudice delle indagini preliminari, Francesco Maccagnano, ha invece disposto il divieto di avvicinamento alla ventunenne e al suo fidanzato che l’avrebbe aiutata a denunciare le violenze.
Un obbligo che si fa però fatica a comprendere dal momento che gli otto autisti indagati continuano a svolgere il proprio compito, non potendo quindi impedire alla ragazza di salire sui pullman che deve prendere quotidianamente per recarsi a casa. Quindi, era la ragazza che fisicamente si avvicinava agli indagati dovendo appunto servirsi dei mezzi di trasporto pubblico. Circostanza che non si verificherebbe solo se lei rinunciasse a salire sui bus Amat, subendo di fatto una penalizzazione pur essendo la presunta vittima. 

Il procedimento interno e l'ordinanza


Anche per questo sarà premura del datore di lavoro avviare nei confronti degli otto un procedimento interno. Intanto dagli atti prodotti dal gip nell’ordinanza viene fuori un ambiente lavorativo dove erano in tanti a sapere ma nessuno parlava con il sospetto che ad approfittare della giovane non siano stati solo i sette finiti nel mirino della magistratura.

Uno degli indagati, il cui telefono era intercettato, confida ad una sua amica di aver scambiato «messaggi piccanti» con la ragazza quando era ancora minorenne e che la stessa «fa giri sui pullman con tutti, ha frequentato adulti per anni e anni». Nella stessa telefonata l’autista indagato ipotizza «che questa denuncia sia arrivata a tutta l’Amat, al mondo intero». 

Poi si fa più serio e dice all’amica «che sicuramente la denuncia arriverà a decine di persone, perché lei (la presunta vittima, ndc), parlava sempre». Leggendo ancora le 114 pagine della stessa ordinanza, saltano fuori con disgusto alcuni epiteti con i quali veniva indicata la ragazza con evidenti disturbi della crescita (si ricorda che gli abusi denunciati si sarebbero consumati da ottobre del 2018, quando la giovane aveva appena compiuto 18 anni, sino a giugno dell’anno scorso). E via con «la scema di turno», «la menomata», «la down», che a turno, da quanto emerge dalle carte dell’accusa, l’attendevano alla fermata del porto mercantile per approfittare di lei.


«Le violenze sessuali sono state consumate ogni giorno, con frequenza giornaliera», racconta la ragazza nella sua denuncia che ha presentato proprio il giorno dell’ultima insidia subita. Man mano che gli indagati ricevevano gli inviti da parte dei carabinieri per essere sottoposti a sommarie informazioni, tra gli autisti è poi iniziato un intenso traffico di telefonate, tutte ovviamente intercettate, la cui trascrizione è diventata la prova più importante nelle mani dell’accusa. Con l’intento di scaricarsi le responsabilità addossandole ad altri, quasi tutti hanno di fatto confermato il racconto della ragazza. Una frase, soprattutto, mette tutti con le spalle al muro: «Questa ha i messaggi, le foto, le chat, ti posso dire che quella contro questi qua la vince la causa», riferisce uno degli indagati che si dichiara però innocente. 

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