Porto di Taranto, corto circuito per un'autorizzazione mancante. L'allarme sindacale: «Traffico merci in bilico»

Porto di Taranto, corto circuito per un'autorizzazione mancante. L'allarme sindacale: «Traffico merci in bilico»
Porto di Taranto, corto circuito per un'autorizzazione mancante. L'allarme sindacale: «Traffico merci in bilico»
di Alessio PIGNATELLI
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 18 Agosto 2021, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 15:24

«Il problema lo avevamo lanciato qualche mese fa, i primi giorni del 2021, proprio dalle colonne del Quotidiano. Purtroppo nessuno ha colto e forse neanche compreso quanto delicata sia la situazione dei traffici industriali all’interno dell’area portuale. Invocavamo allora e lo facciamo ancor di più ora, decisioni in merito alla logistica, alla movimentazione delle materie prime e all’assegnazione delle relative aree dedicate a queste attività». A esprimere la preoccupazione comune di tutte le organizzazioni sindacali per il futuro dello scalo jonico è Carmelo Sasso, segretario generale Uiltrasporti.

La vicenda

La vicenda che rischia di creare un vero e proprio cortocircuito è quella descritta su queste pagine lunedì. A quattro anni di distanza da un’istanza di Italcave, la Provincia ha chiarito la necessità di un titolo abilitativo relativo alle emissioni per movimentare merci polverose. Documento che praticamente nessuna impresa possiede e che quindi equivarrebbe al blocco dei relativi traffici collegati principalmente all’ex Ilva, in quanto si tratta di coke, carbon fossile o silicato di ferro.

«Tutto è andato avanti per inerzia fino al brusco risveglio ferragostano - prosegue Sasso - quando la Provincia di Taranto con la sua solita solerzia e un tempismo perfetto ha replicato ad una nota del 2017 dell’operatore Italcave chiarendo la indispensabilità, per effettuare operazioni su rinfuse polverose, della relativa autorizzazione alle emissioni per l’area interessata dalle movimentazioni anche se temporaneamente utilizzata. Questo complica non poco la vita degli operatori locali che in questi 4 anni hanno supportato la fabbrica dal punto di vista logistico su approvvigionamenti di materie prime ed export dei prodotti lavorati. E che, senza la opportuna chiarezza e programmazione da parte dei gestori della fabbrica in questi anni, si sono faticosamente strutturati in termini di attrezzature, uomini e relative professionalità».

A spiazzare, in quest’ultima vicenda, è effettivamente la tempistica. «Senza entrare nel merito giuridico che compete ad altri soggetti, quanto accade in queste ore conferma la necessità di quanto da noi chiesto più volte in termini di scelte della politica sul futuro della grande fabbrica, ma soprattutto della inevitabile conseguente riorganizzazione degli spazi ora concessi in autonomia funzionale ad Acciaierie d’Italia ma che sono ad oggi largamente e diffusamente sottoutilizzati e spesso dati in uso temporaneo ad operatori locali. Sarà complicato per l’ente autorizzante Provincia di Taranto ora dipanare la matassa: ora ci sarà da evadere una serie di richieste che sicuramente giungerà da diversi operatori che dovranno, nelle more del rilascio del titolo autorizzativo, sospendere ogni operazione su rinfuse polverose.

Quanto tempo ci metterà la Provincia a rilasciare ogni singola autorizzazione, visto che per rispondere a una richiesta di chiarimenti da parte di un singolo operatore ci sono voluti appena 48 mesi?».

E si può aggiungere un altro interrogativo: cosa accadrà nel frattempo agli approvvigionamenti delle materie prime indispensabili a far marciare seppur all’attuale regime lo stabilimento siderurgico? Sono alcuni dei quesiti che le organizzazioni sindacali porranno al prefetto di Taranto: è stato infatti chiesto un urgente incontro alla presenza della Provincia di Taranto e della Autorità di sistema portuale dello Ionio per affrontare questa nuova problematica che di fatto potrebbe paralizzare il porto industriale e non solo. «Attendiamo una convocazione a breve - conclude Sasso - sperando che la politica comprenda la delicatezza della situazione e con uno sforzo di efficienza ci aiuti a trovare una soluzione che contemperi il rispetto di tutti gli interessi in gioco sempre nella piena salvaguardia dell’ambiente. Sul tempismo dell’insorgenza di questa problematica chiusa in un cassetto per quattro anni e spuntata a meno di un anno dalle elezioni comunali in uno scenario tra l’altro completamente mutato, preferisco riservarmi ogni commento, per ora».

© RIPRODUZIONE RISERVATA