Torture a Stano come un rito per entrare nella baby gang

Torture a Stano come un rito per entrare nella baby gang
di Nazareno DINOI
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Sabato 25 Maggio 2019, 10:38

«Se tu non vai dal pazzo non hai le palle e non sei un uomo». È una delle terribili frasi attribuite ad uno dei minorenni manduriani arrestati nell'inchiesta sulle torture che avrebbero ridotto in fin di vita Antonio Cosimo Stano, disabile psichico e solo.
La «prova del coraggio» richiesta a chi voleva far parte della «comitiva degli orfanelli» (così l'identificativo social del branco), è contenuta nell'ordinanza del Riesame depositata il 22 maggio che conferma la detenzione in carcere dei sei minorenni e due appena maggiorenni accusati con altri dieci minori indagati a piede libero di aver aggredito ripetutamente sino alla tortura il pensionato deceduto per cause ancora da accertare. «Quella sera io e i miei cugini siamo usciti per andare in giro e, tutta una volta è venuto questo F. (altro indagato, NdR), dicendo: andiamo dal pazzo, andiamo dal pazzo. E siamo andati, dicendomi: se tu non vai dal pazzo, non hai le palle di andare dal pazzo e non sei un uomo».
Così la confessione del ragazzo che racconta come quella sera è riuscito a superare la prova. «Stano passeggiava davanti alla sua casa e io l'ho afferrato e l'ho trascinato in mezzo alla strada». Comprensibile la conclusione dei giudici che parlano di «assenza di umana pietà e di rispetto della dignità di Stano, violentata e distrutta». Le venti pagine dell'ordinanza che riassume le malefatte delle baby gang - non solo quella degli «orfanelli» ma anche di altre bande ancora in via di identificazione, sono un condensato di violenza. Per descriverle i giudici riportano un dialogo, assolutamente simile al contesto, contenuto nel film «L'Arancia meccanica»: «folleggiammo con altri viaggiatori della notte, da autentici sbarazzini della strada, poi decidemmo che era ora di seguire il nostro numero, visita a sorpresa, un po' di vita, qualche risata e una scorpacciata di ultraviolenza».
Ed ecco un altro termine, «ultraviolenza» che dà il peso alla gravità dell'accaduto su cui ora le due procura tarantine, quella ordinaria e dei minorenni, cercheranno di trovare le responsabilità. Non solo quella dei diciotto nomi individuati sinora, tutti ragazzi dai 15 ai 17 anni e solo due appena maggiorenni di 19 e 23 anni. Sempre dalle carte del Riesame emergono particolari che scoprono filoni investigativi ancora all'inizio. È il caso della strana posizione di un altro adulto ricordato da diversi indagati come zio di uno di loro il quale, dopo il ricovero della vittima, li avrebbe contattati uno ad uno invitandoli, non certo in modo garbato, a non fare il nome del nipote anche lui componente della «comitiva degli orfanelli». Che ci siano ancora capitoli aperti lo scrivono chiaramente i giudici di revisione, motivando le ragioni per cui gli indagati devono restare in carcere: «l'indagine - scrivono - è estesa ad altri soggetti in corso di identificazione» pertanto «sussiste il concreto pericolo di inquinamento delle prove». Nell'ordinanza, infine, non si fa cenno al nuovo video depositato in sede di revisione dalla procuratrice per i minorenni, Pina Montanaro, che riprende un nuovo atto di violenza su un altro disabile manduriano anche lui vittima dello stesso gruppo degli «orfanelli».

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