Più di mille telefonate partite dalle celle del carcere di Largo Magli a Taranto verso l'esterno. E centinaia di messaggini. Conversazioni illegali delle quali saranno chiamati a rispondere quaranta detenuti, tarantini e non, almeno sino al febbraio di due anni fa reclusi nelle celle del penitenziario jonico. Per tutti l'accusa è di accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti. Per gli imputati, infatti, è arrivato il rinvio a giudizio disposto dal pubblico ministero Francesco Ciardo, titolare di questo fascicolo che ha inquadrato solo una parte del fenomeno da tempo radicato nel carcere tarantino. E contro il quale quotidianamente lottano gli agenti della Polizia Penitenziaria.
Il sovraffollamento
Compito reso a dir poco complicato dall'atavico sovraffollamento della struttura alla periferia del capoluogo jonico e dalle note carenze che affliggono l'organico in servizio nel carcere. Stando a quanto riportato nei capi di imputazione, i detenuti coinvolti nella vicenda avrebbero utilizzato quattro piccoli apparecchi cellulari, nascosti nelle celle. Telefonini in cui sarebbero state inserite diverse sim.
Le indagini condotte dagli investigatori hanno inquadrato un volume di chiamate impressionante.
Basti pensare che solo uno degli imputati che si dovrà presentare in Tribunale a partire da maggio è chiamato a rispondere di quasi mille telefonate tutte effettuate durante il suo periodo di detenzione.
L'indagine diretta dal pubblico ministero Ciardo, come si è accennato, peraltro rappresenta solo una delle numerose attività condotte per contrastare la presenza nelle celle di apparecchi telefonici, oltre che di quantitativi di stupefacente fatti pervenire in tutti i modi ai reclusi.
Apparecchi nascosti nel reparto docce
Gli apparecchi erano nascosti nei locali docce nel reparto in cui sono ristretti i detenuti ad alta sicurezza. Episodio che fa il paio con quanto avvenuto proprio alla vigilia dell'ultimo Natale.
In quell'occasione tre cellulari e tre sim vennero scovate sempre nelle celle della sezione alta sicurezza del carcere. A trovare gli apparecchi sempre gli agenti della Polizia penitenziaria nel corso di una perquisizione a sorpresa effettuata tre giorni prima di Natale proprio nella sezione in cui sono reclusi detenuti condannati perché ritenuti affiliati ai clan della criminalità organizzata. Una vera emergenza, quindi, che a maggio porterà in Tribunale 40 imputati.