Tecnopolo del Mediterraneo a Taranto: resta tutto fermo

Il deposito in disuso dell'aeronautica militare, proposto come sede del futuro tecnopolo
Il deposito in disuso dell'aeronautica militare, proposto come sede del futuro tecnopolo
di Domenico PALMIOTTI
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Domenica 23 Ottobre 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 09:39

Ora che il nuovo Governo c’è, Taranto cerca di far partire il Tecnopolo del Mediterraneo per lo sviluppo sostenibile. Benchè quest’istituto, pensato sulla scorta di esperienze già realizzate in Europa, abbia uno stanziamento di 9 milioni di euro con la legge di bilancio 2018-2019, nonchè lo statuto e l’atto costitutivo approvati (lo statuto, con un decreto del presidente della Repubblica, è in vigore da aprile 2021), è ancora all’anno zero.

Nel senso che non si è mossa foglia. Eppure gli obiettivi delineati dallo statuto sono ambiziosi. Vi si legge infatti che il Tecnopolo “promuove la ricerca, lo sviluppo, la sperimentazione di soluzioni tecnologiche, processi e prodotti, privilegiando l’attrazione, l’integrazione ed il coordinamento di competenze, conoscenze e progettualità provenienti da diverse istituzioni, da imprese e gruppi di ricerca operanti a livello nazionale ed internazionale, sviluppando partenariati in grado di aumentare la capacità di risposta ai problemi dello sviluppo sostenibile”. Questo, si spiega nello statuto, “nell’ottica di ridurre la frammentazione del sistema di ricerca e di aumentare le ricadute positive sul centro e sui partner in un’ottica di reciproco vantaggio, promuovendo l’integrazione tra aree di ricerca”. In sostanza, se Taranto viene da più parti indicata come banco di prova per la decarbonizzazione e l’idrogeno verde (e ci sono già delle iniziative industriali in campo oltre alla scelta della Regione Puglia), si comprende bene come il Tecnopolo possa e debba essere della partita. Anche perchè, evidenzia lo statuto, il Tecnopolo “sviluppa ed agisce da acceleratore delle soluzioni tecnologiche indicate dalla ricerca scientifica di eccellenza, sia in forma diretta, attraverso propri laboratori di ricerca multi-disciplinari, sia in partenariato”.

Creato un comitato


«Nell’ultima riunione che abbiamo tenuto, si è deciso di costituire un comitato di cittadinanza attiva - spiega a  Quotidiano Domenico Amalfitano, ex parlamentare e sottosegretario alla Pubblica istruzione che col centro “Giuseppe Lazzati” da tempo spinge per il Tecnopolo a Taranto -. È questo lo strumento attraverso il quale i portatori di interesse si attivano perchè una legge dello Stato sia applicata. C’è molto interesse per il Tecnopolo a Taranto. Una ventina di grandi aziende, anche multinazionali, da Ferrovie a Leonardo, hanno manifestato disponibilità, per cui adesso si tratta di sbloccare una stasi durata troppo tempo. Il Tecnopolo nasce da un’idea degli ex ministri Enrico Giovannini e Lorenzo Fioramonti - dice Amalfitano -.

Quest’ultimo, che la lasciato la politica e ora dirige in Inghilterra un Tecnopolo gemello di quello che vogliamo a Taranto, è disposto a darci anche una mano, ma è qui e nel confronto col Governo che vanno mossi i passi decisivi». 

Le parole del senatore


«Avevamo fatto tutto col Governo Conte II - commenta a  Quotidiano Mario Turco, senatore M5S ed ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio -. Compresa la proroga delle risorse, che rischiavamo di perdere, e il chiarimento con la Corte dei Conti a proposito della governance. Si aspettava che il ministro dell’Università, Maria Cristina Messa, effettuasse le nomine e invece non è accaduto nulla». «Sarebbe stato necessario un pressing più deciso da parte del Comune sui ministri Messa, Giancarlo Giorgetti e Mara Carfagna che invece non c’è stato, per cui adesso si tratta di riaprire la partita col nuovo esecutivo», osserva Turco, che era tra i parlamentari presenti ad aprile 2019 quando l’allora vice premier Luigi Di Maio annunciò in Prefettura che Taranto sarebbe stata sede del Tecnopolo. “Vogliamo che Taranto smetta di essere una città inquinata - disse allora Di Maio -. Deve diventare un esempio di buona pratica a livello europeo, una città modello della green tech”. E nel ridisegnare il piano per Taranto partendo dal Contratto di sviluppo, Di Maio sostenne che il Tecnopolo si sarebbe occupato di “tecnologie verdi, energie rinnovabili e nuovi materiali”. Avrebbe avuto una fondazione di partecipazione per attrarre grandi aziende, investitori, ma anche ricercatori, imprenditori, start upper e fungere così da volano per l’economia circolare e l’innovazione. 

Le tappe


Nelle cronache dal 2019 al 2022, il Tecnopolo compare a fasi alterne. L’ultima volta che se ne è parlato è stato lo scorso 9 settembre, al Tavolo Cis presieduto dal ministro Carfagna, su istanza del sindaco Rinaldo Melucci. Carfagna promise un approfondimento ad hoc che però, con le elezioni, non c’è più stato.
Il ruolo del Tecnopolo era stato richiamato a giugno 2021 anche dal ministro Giovannini in un forum al Cnel. «Sono passati più di due anni dall’approvazione della prima norma che conteneva l’idea del Tecnopolo del Mediterraneo per lo sviluppo sostenibile - disse Giovannini -. Il valore del Tecnopolo è quello di essere un hub per fare rete e valorizzare attività ed eccellenze imprenditoriali che hanno scelto lo sviluppo sostenibile. C’è però bisogno di farlo partire operativamente il prima possibile. Aver scelto il Sud e Taranto non è soltanto un elemento simbolico, ma è una scelta di rete per colmare i divari». 

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