Tamburi, ferirono macellaio: condannati padre e due figli

Tamburi, ferirono macellaio: condannati padre e due figli
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Sabato 18 Novembre 2017, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 19:33
Tre condanne sono state inflitte ieri dal gup del tribunale dottor Benedetto Ruberto, nel processo con lo sconto previsto per la definizione dell’episodio avvenuto ai danni del macellaio tarantino Giuseppe Tortorella, ferito con un colpo di pistola nell’aprile dell’anno scorso ai Tamburi.
Sott’accusa per tentato omicidio in concorso figuravano Gaetanino Passarelli e due figli dell’uomo, Raffaello e Maurizio.
Ieri, il giudice dell’udienza preliminare ha chiuso la vicenda giudiziaria, dopo le conclusioni del pubblico ministro dottoressa Giorgia Villa e della difesa, composta dagli avvocati Armando De Leonardo e Salvatore Maggio.
A fronte della richiesta dell’accusa pubblica di sette anni a carico del capo famiglia e di sei anni e mezzo di reclusione nei confronti degli altri due, il giudice ha calibrato le pene, operando distinguo sulle posizioni.
Gaetanino Passarelli (nel riquadro), che fu l’autore materiale della pistolettata, è stato condannato a sei anni; a cinque anni e a quattro anni sono stati condannati i figli, rispettivamente Raffaello e Maurizio.
Come si ricorderà, secondo la ricostruzione dei carabinieri del comando provinciale i Taranto, i tre familiari, intorno alle 6.30 dell’11 aprile 2016, si sarebbero presentati davanti alla macelleria dei fratelli Tortorella, nel quartiere Tamburi, a bordo di un’utilitaria.
Scesi dalla vettura, il padre con il figlio Raffaello si sarebbero avvicinati all’esercizio esplodendo con una pistola a tamburo calibro 38 alcuni colpi di arma da fuoco nei confronti del cinquantaduenne, uno dei quali andò a segno.
 
Raggiunto l’obiettivo, i due sarebbero risaliti sulla vettura guidata dall’altro figlio, Maurizio, dandosi alla fuga.
Il lavoro degli investigatori dell’Arma già nelle prime ore successive al fatto di sangue permise di ottenere informazioni sufficienti ad identificare i tre presunti autori dell’attentato. I primi ad essere arrestati furono i figli dell’uomo che, successivamente, si presentò in compagnia del suo avvocato nel comando provinciale dei carabinieri.
Dopo il raid, abbandonata nelle campagne del rione Tamburi, era stata trovata l’autovettura usata per l’agguato. All’esito della ricostruzione fatta dagli inquirenti era emerso che il movente sarebbe da ricondurre ad una serie di dissidi intercorsi tra i Passarelli e la vittima, già culminati in precedenza in una serie di litigi.
In ogni caso, ieri il giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Taranto ha assolto i tre uomini dall’aggravante contestata dall’accusa pubblica: quella di aver agito per futili motivi.
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