Si stacca il cestello della gru, morti due operai

Il luogo della tragedia
Il luogo della tragedia
di Mario DILIBERTO
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Martedì 13 Novembre 2018, 08:58 - Ultimo aggiornamento: 14 Novembre, 12:43

di Mario DILIBERTO
Una scarpa da lavoro malconcia riversa sul selciato. A pochi metri dai cadaveri di due lavoratori, coperti dai teli. A sovrastare il dolore della scena il cestello sbilenco di una grossa gru. Ieri mattina, da quella piccola piattaforma, un pugno di minuti prima delle otto, sono precipitati Giovanni Palmisano, 33enne di Locorotondo, e Angelo D'Aversa, 54enne di Statte. Erano al lavoro per ristrutturare un palazzina di tre piani, proprio alla fine di via Galeso, lo stradone che taglia in due il rione Tamburi di Taranto, sfociando nella statale per Martina Franca. Entrambi erano in quel cestello sostenuto dalla gru. Il braccio del macchinario, però, ha ceduto all'improvviso e ha sbalzato come due ramoscelli i due operai. Sono precipitati da un'altezza di circa dieci metri nel viottolo che si affaccia in quelle che è una delle vie principali del quartiere popolare. E per loro non c'è stato nulla da fare.
La gru si è spaccata nel punto dell'ultimo snodo. Quello che si allunga per spingere la piattaforma. Così il cestello si è ribaltato su se stesso, scaraventando di sotto i due uomini. Il boato del tremendo impatto ha lacerato l'aria del quartiere. Insieme all'ultimo urlo di terrore delle vittime. Sono stati i clienti di una vicina ferramenta a sentire il fragore sviluppato dal braccio meccanico che si è ripiegato verso il basso. Si sono fiondati all'esterno e davanti agli occhi si sono trovati i corpi delle vittime. L'allarme è scattato subito e sul posto sono arrivati in pochi secondi i soccorritori del 118 e gli agenti della Squadra Volante.
I medici hanno certificato immediatamente la morte di D'Aversa. Palmisano, invece, respirava ancora. L'équipe lo ha trasferito su una barella e ha provato a sottrarlo ad un destino davvero ingiusto. Per diversi minuti si è provato a rianimarlo con il massaggio cardiaco, mentre la folla che si accalcava intorno ha cominciato a pregare. Il giovane, titolare dell'azienda che stava eseguendo i lavori, ha resistito solo pochi minuti. Preghiere e soccorsi, purtroppo, non sono serviti.
Il ragazzo è morto ad un passo dal suo compagno di lavoro che era un suo dipendente. Anche il suo corpo è stato coperto con un telo. Un velo bianco che lasciava intuire le sembianze del giovane, amplificando la sofferenza dell'ennesima alba amara per il lavoro a Taranto. Con il sangue di due operai che ha bagnato la terra della città. Proprio in quel rione che dista un tiro di schioppo dalla grande fabbrica dell'acciaio, troppe volte in passato triste cornice di morti bianche. In molti, ieri mattina, quasi istintivamente si sono voltati a guardare verso il gigante siderurgico, mentre sull'asfalto di via Galeso, tra l'affaccio e sul mar Piccolo e l'incrocio con piazzetta Nasole, restavano quei corpi senza vita. Quel riflesso da solo racconta, però, il dramma di Taranto stritolata da sempre nell'ingiusto binomio vita e lavoro.
Una contraddizione in cui ieri sono rimasti intrappolati i due lavoratori edili. Da una decina di giorni la ditta di Palmisano stava curando il restyling di quella palazzina, costruita con mattoncini rossi e balconi grigi, sporcati dal marroncino della polvere di minerale del vicino siderurgico. Ieri mattina hanno fatto appena in tempo a sorseggiare un caffè, prima di montare sul cestello, che manovravano con i comandi della piattaforma. Il braccio della gru si è slanciato verso l'alto, ma quando si è ripiegato per avvicinarsi alle balconate del terzo piano, sbocconcellate dal passare del tempo, ha ceduto di schianto.
Dopo la tragedia la macchina è stata sequestrata dagli ispettori dello Spesal, che hanno messo in sicurezza la zona con la collaborazione dei vigili del Fuoco. Sarà una perizia a spiegare il cedimento della struttura. Mentre la documentazione acquisita servirà a valutare le condizioni della gru. Così come gli accertamenti dovranno chiarire se le due vittime, che non indossavano il casco di sicurezza, erano o meno assicurate con l'imbragatura di sicurezza. E nel caso cosa non abbia funzionato. Già questa mattina gli ispettori dello Spesal consegneranno ai pm Remo Epifani e Daniela Putignano, titolari dell'inchiesta aperta sulla tragedia, la loro prima relazione. I giudici, peraltro, potrebbero ritenere superfluo il ricorso all'autopsia e restituire già in giornata i corpi degli sfortunati operai ai familiari per l'ultimo saluto.

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