Sotto esame il telefono del bracciante sgozzato in casa

Sotto esame il telefono del bracciante sgozzato in casa
di Mario DILIBERTO
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Lunedì 8 Gennaio 2018, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 20:06

Caccia all’uomo nelle campagne, anche oltre la provincia di Taranto. Ma anche nei campi vicini alla casa teatro dell’omicidio, alla ricerca dell’arma del delitto. Mentre si infittiscono interrogatori e controlli di natura tecnica, in particolare sul cellulare della vittima. 
Così i carabinieri del reparto operativo del comando provinciale di Taranto stanno cercando di scovare la verità sulla morte di Cosimo Dragone, il 45enne bracciante agricolo massafrese rinvenuto cadavere nella sua abitazione a Pino di Lenne. 
La vittima è stata aggredita e sgozzata nel piccolo villino nel quale da tempo viveva da solo. E il suo corpo privo di vita è stato trovato dal padre che è piombato in quella casa in cerca di notizie del figlio. L’uomo da un paio di giorno non aveva notizie. Per questo si è recato nella sua abitazione per verificare che tutto andasse bene. Dopo aver varcato l’uscio della porta, però, si è trovato davanti agli occhi una scena terribile. 
Il cadavere di Cosimo Dragone era riverso in maniera innaturale sul divanetto del saloncino. Con un profondo squarcio alla gola. Tra le lacrime, quindi, il papà della vittima ha lanciato l’allarme e sul posto sono giunti i carabinieri e i sanitari del 118. Per lo sfortunato bracciante, però, non c’era più niente da fare. 
Da quel momento i carabinieri guidati dal tenente colonnello Giovanni Tamborrino e coordinati dal pm Remo Epifani, si sono lanciati alla ricerca di elementi per decifrare il terribile omicidio. 
Con la consapevolezza che le prime 48 ore sono di fondamentale importanza per risolvere il caso. 
Le attenzioni si sono subito concentrate su un conoscente di Dragone. Un uomo più anziano di lui con il quale sarebbe stato visto poche ore prima di scomparire sino al ritrovamento del suo cadavere.
 
I militari lo hanno cercato a lungo nella giornata di ieri e nelle ultime ore. Ma senza risultati. Le ricerche, peraltro, si sono spostate anche nella vicina provincia di Bari. 
Gli stessi carabinieri, peraltro, hanno battuto a tappeto la campagna intorno alla casa di Pino di Lenne, utilizzando anche il metal detector. Dragone sarebbe stato ucciso con un solo fendente alla gola, inferto con precisione e violenza e con un coltello dalla grossa lama. Arma che non è stata rinvenuta nell’abitazione in cui l’uomo è stato ucciso. 
Il suo assassino, quindi, l’avrebbe portata via per liberarsene in una zona più tranquilla. Gli esperti delle investigazioni scientifiche, peraltro, hanno ispezionato ogni centimetro della piccola casa di campagna. Come si diceva, non è stato rinvenuto il coltello dell’assassino, ma è stato trovato altro. In particolare una modica quantità di stupefacente, precisamente del crack, oltre a tracce di sostanza abitualmente usata per il taglio delle dosi. 
Un dettaglio che ha aperto la strada a diverse ipotesi. Si sospetta, infatti, che la vittima e forse il suo stesso carnefice possano aver consumato lo stupefacente prima del delitto. Un’ipotesi, giusto sottolinearlo, anche perché ufficialmente il bracciante non risulta tra i consumatori di droga noti, che viene messa in relazione all’assenza di segni di colluttazione nella stanza del delitto. Questo fa ritenere che Dragone non si sia difeso. Quando è stato aggredito, quindi, o dormiva, o è stato colto completamente di sorpresa. Oppure, altra ipotesi, sarebbe stato stordito dalla droga e questo avrebbe consentito al killer di infierire senza incontrare resistenze. Con quel fendente alla gola che non ha dato scampo allo sfortunato 45enne. Ora i carabinieri stanno scavando nella vita del bracciante alla ricerca di qualsiasi elemento utile. Sotto osservazione è subito finito il suo telefono cellulare. Grazie alla rubrica, ai messaggi e alle ultime telefonate, gli investigatori stanno provando a ricostruire le ultime ore di questo bracciante, nato in una famiglia per bene e con alle spalle un matrimonio, poi fallito.

Proprio dopo la separazione, Dragone si sarebbe smarrito in un’esistenza complicata, sino alla decisione di andare a vivere da solo in quella casa. Nel suo passato c’è anche un piccolo predente penale, peraltro di poco conto e non per furto nelle campagne come era erroneamente filtrato nella primissima fase delle indagini.

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