Nei tabulati telefonici i tormenti del carabiniere

Nei tabulati telefonici i tormenti del carabiniere
di Mario DILIBERTO
3 Minuti di Lettura
Martedì 21 Novembre 2017, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 12:10

Gli ultimi tormenti di Raffaele Pesare sono racchiusi nei tabulati telefonici. E nella memoria del suo cellulare, da sabato nelle mani degli inquirenti che stanno provando a decifrare la strage di Sava. 
L’appuntato dei carabinieri, infatti, dopo aver assassinato con la pistola di ordinanza la sorella, il cognato e il padre, ha ritrovato un barlume di lucidità. Sabato mattina, dinanzi ai cadaveri dei familiari giustiziati con una decina di colpi esplosi con l’arma di ordinanza, si è fermato a riflettere sulla terribile triplice esecuzione. E ha più volte utilizzato il suo apparecchio portatile. 
Certamente ha provato a chiamare un collega, a cui era legato. Quel cellulare però era irraggiungibile. Allora ha digitato il numero di un altro militare del nucleo radiomobile di Manduria, presso il quale prestava servizio, per lanciare l’allarme. 
Quelle due telefonate, però, non sono le uniche che l’appuntato Pesare ha fatto nei tragici momenti che ha trascorso nella piccola abitazione della sorella, incassata al pianterreno nel cuore della cittadina jonica, tra piazzetta Mercato e via Giulio Cesare. Tra lo spaventoso triplice omicidio e il tentativo di togliersi la vita, infatti, il carabiniere ha telefonato ancora. 
Ragionevolmente a persone con le quali voleva parlare per l’ultima volta, dopo aver deciso di cancellare con un colpo di pistola la sua vita insieme a quelle dei tre parenti, già cadaveri sul pavimento del soggiorno. 
Quelle telefonate sono immortalate nella memoria del suo cellulare e saranno confermate dai tabulati. Le eventuali ultime parole riferite dal carabiniere, ammesso che sia riuscito a parlare con chi intendeva raggiungere, potrebbero rivelarsi utili per provare a comprendere una strage che al momento appare dai contorni quasi enigmatici. Soprattutto se rapportata alle modalità con le quali il militare ha ucciso la sorella Pasana, conosciuta come Nella, l’anziano padre Damiano, e il cognato Salvatore Toruccio Bisci. I tre, infatti, sono stati raggiunti da una pioggia di piombo, esplosa da distanza ravvicinata e che li ha centrati al volto. 
 
Una “mattanza” che si fa davvero fatica a interpretare. Perché le primissime indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Maurizio Carbone e dal sostituto procuratore Maria Grazia Anastasia e condotte dai carabinieri, non sembrano aver evidenziato elementi da spiegare un rancore, evidentemente sedimentato, tale da scatenare l’inarrestabile furia omicida di un carabiniere che prestava servizio da ben 34 anni. 
Un uomo, quindi, abituato ad affrontare situazioni di tensione e descritto come pacifico e ragionevole. Apparso sereno sino a poco prima dell’orribile strage di cui si è macchiato, quando è passato in caserma a salutare i commilitoni. 
Certo scavando nelle voci di paese non è stato difficile scovare dissidi di natura prettamente familiare, in particolare con il cognato “Toruccio”, conosciuto in paese con il soprannome di “ballatore”. Divergenze, nate intorno alla gestione del piccolo uliveto di proprietà del padre del carabiniere che avevano minato l’unità familiare, incrinando anche i rapporti tra Pesare e la sorella. Ma può davvero quel piccolo pezzo di terra o il raccolto delle olive essere il motore di una tale tragedia? A questo potrà rispondere a tempo debito lo stesso Pesare. Perché dei tanti proiettili che ha esploso sabato quello che ha diretto contro se stesso ha fallito la sua missione.

Lasciandolo in vita e in balìa di quei tormenti e rimorsi che voleva cancellare proprio con quel colpo di pistola. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA