La pioggia ha cominciato a scendere a dirotto, proprio nel momento in cui il corpo di Mimmo Massaro è emerso dalle acque torbide del molo dell'ex Ilva. Ed è stato come se anche il cielo stesse piangendo questo operaio di Fragagnano, condannato a un destino orribile e ingiusto a soli quarant'anni, dopo il crollo della grande gru dove mercoledì sera era al lavoro.
Lo scheletro di quell'impianto, collassato sotto i colpi della tromba d'aria che quattro giorni fa ha investito la banchina dove operano le tute blu della grande fabbrica, ha imprigionato il povero Mimmo anche sott'acqua. I cavi di acciaio e le lamiere contorte della gru DM5, che si è sbriciolata sotto le raffiche di vento a 110 all'ora, lo hanno bloccato a sette metri di profondità. Ed è lì che il cadavere dell'operaio è rimasto per oltre 72 ore. Per metà ancora incastrato in quell'inferno di melma e ferraglia.
Poco dopo le 16,30 di ieri sono stati i carabinieri del nucleo sommozzatori, giunti da Pescara, a individuarlo. Ed è partito il recupero, ultimato dai militari in muta da sub intorno alle 17, proprio mentre il maltempo di questo orrendo luglio, riprendeva ad accanirsi su Taranto.
Il corpo dell'operaio è stato tirato fuori all'ombra della banchina dove ancora vacillano le altre due grandi gru che scaricano dai mercantili, in arrivo da mezzo mondo, il minerale destinato al siderurgico.
Quei dinosauri alti decine di metri sono quello che rimane dopo la tempesta di mercoledì che ha funestato il reparto Ima, impianti marittimi dell'ex Ilva. Per anni il posto di lavoro di Mimmo Massaro. Mercoledì era sulla DM5, quando la gru è crollata in mare. Lui ha cercato di scendere ma non ha fatto in tempo. E non c'è stato nulla da fare.
Da quel molo, quindi, ieri Mimmo ha iniziato il suo pietoso viaggio verso l'obitorio. «Faremo chiarezza su questa tragedia. È un impegno solenne», ha tuonato poco dopo il ritrovamento il procuratore Carlo Maria Capristo nella conferenza stampa convocata nel comando provinciale dei carabinieri. Al suo fianco il procuratore aggiunto Maurizio Carbone e il sostituto Raffaele Graziano, titolare dell'inchiesta sulla morte dell'operaio. Ma anche il comandante della Capitaneria di porto Giorgio Castronuovo e il comandate provinciale dei Carabinieri Luca Steffensen.
Alle loro spalle, i sub dei carabinieri e dei vigili del fuoco che per ore si sono tuffati nelle acque torbide e fangose del quarto sporgente del porto. «Abbiamo fatto squadra e continueremo a lavorare insieme - ha continuato Capristo - per capire questa tragedia. Lo dobbiamo a questo figlio di Taranto e alla sua famiglia. Ma lo dobbiamo anche a tutti noi».
Lavoro di squadra, ha detto il procuratore, ma anche professionalità, umanità, generosità e coraggio. Un patrimonio che va riconosciuto ai sub dei vigili del Fuoco e dei carabinieri. Anche ieri, a dispetto delle previsioni meteo avverse e dei rischi, i sommozzatori sono scesi in acqua. Con la missione di trovare il corpo di Mimmo da restituire alla famiglia. Con lo stesso senso del dovere di sette anni fa, quando i sub estrassero, dalla cabina della stessa gru, sbattuta in acqua quella volta da un tornado, il corpo di Francesco Zaccaria, anche lui gruista Ilva, morto mentre era al lavoro su quei giganti appollaiati sul molo. Era il 28 novembre del 2012. Non doveva succedere più. Ed invece è accaduto di nuovo, con la fabbrica, ora targata ArcelorMittal, che è tornata ad assumere il volto tetro del mostro che uccide.
Un volto che si vuole cancellare, ma che l'altra sera si è ripresentato come una maledizione a spezzare un'altra vita.
Ritrovato il corpo di Cosimo, il gruista morto nel molo ex Ilva
di Mario DILIBERTO
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Sabato 13 Luglio 2019, 17:26 - Ultimo aggiornamento:
14 Luglio, 12:01
Spegnendo per sempre il sorriso di Cosimo Massaro, per gli amici Mimmo.
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