Riciclaggio, assolto l'imprenditore. Era stato condannato a due anni nell'inchiesta "Feudo"

Riciclaggio, assolto l'imprenditore. Era stato condannato a due anni nell'inchiesta "Feudo"
di Nazareno DINOI
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Sabato 11 Giugno 2022, 21:32

La Corte d’Appello di Lecce ha assolto l’imprenditore tarantino, Infante Catello, di 53 anni, condannato a due anni e due mesi con l’accusa di riciclaggio aggravato dal metodo mafioso. La sezione unica penale del tribunale salentino che lo ha assolto «per non aver commesso il fatto», si è espressa a seguito del rinvio della sentenza di secondo grado disposto dai giudici della Cassazione che avevano accolto il ricorso presentato dall’avvocato Luigi Danucci, difensore di fiducia di Catello che si vede così cadere la pesante accusa secondo la quale avrebbe fittiziamente intestato quote di una società di import export di frutta e verdura fungendo da prestanome del vecchio boss Cesario Giuseppe, detto Pelè, deceduto a marzo del 2014. 

La maxi inchiesta "Feudo"


Il 53enne, socio di maggioranza della «Goldfruit import export», fu uno degli 86 indagati dell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Lecce che nel 2016 fece eseguire dai militari della Guardia di Finanza di Taranto 38 ordinanze di custodia cautelare di cui 30 per associazione mafiosa. La maxi inchiesta intitolata «Feudo» si proponeva di svelare gli intrecci tra criminalità organizzata e imprenditoria su tutto il territorio ionico con perno nel comune di Statte e collegamenti con San Giorgio Ionico, Grottaglie, Pulsano e la città capoluogo. 
L’inchiesta aveva determinato il sequestro di diverse società ritenute gestite dal clan attraverso fedelissimi prestanome che, sempre secondo l’accusa, seguendo le direttive del capoclan, avrebbero consentito il riciclaggio di danaro proveniente dalle attività illecite. 

Le imprese finite nel mirino

Tra le imprese finite nel mirino degli investigatori compariva la società di import export di cui Catello controllava il 51% delle quote che per gli inquirenti erano sotto il controllo del clan Cesario. Finito per questo sotto processo con altri imputati che scelsero il rito abbreviato, 
Catello fu condannato a due anni e due mesi, pena poi confermata in appello.

Presentato ricorso in Cassazione, ad ottobre scorso gli ermellini, accogliendo il ricorso dell’avvocato Danucci, annullavano la sentenza di condanna condividendo la tesi del legale in merito alla assoluta diversità del fatto oggetto di condanna rispetto al reato contestato dalla pubblica accusa nei precedenti due gradi di giudizio. 


Il difensore dell’imprenditore sosteneva che il proprio assistito aveva costituito lecitamente la società due anni prima dell’inchiesta e lontano da qualsiasi ombra di sospetto. Elementi questi che non sarebbero stati valutati dai giudici di merito. In seguito al giudizio di rinvio della Cassazione, la Corte di appello di Lecce ha assolto Infante da ogni accusa con la formula piena per non aver commesso il fatto.  
L’inchiesta «Feudo» portò al sequestro di 13 supermercati del valore di oltre 4 milioni di euro. I sigilli riguardarono diversi punti vendita nei comuni di Statte, San Giorgio, Grottaglie, Pulsano e Crispiano. Il primo grado ha distribuito condanne pesanti per i presunti capi del clan: ventiquattro anni per Mimmo Bello e a ventitré per Carlo Mastrochicco, secondo i giudici sarebbero stati loro gli esponenti di spicco del gruppo mafioso che avrebbe dettato legge nel «feudo» di Statte.
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