«Una perizia dell’Arpa sulle polveri ai Tamburi» I timori di Peacelink

«Una perizia dell’Arpa sulle polveri ai Tamburi» I timori di Peacelink
di Paola CASELLA
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Giovedì 15 Settembre 2016, 08:06 - Ultimo aggiornamento: 12:34
Le polveri industriali che si depositano sui balconi delle abitazioni dei tarantini sarebbero provenienti non solo dal parco minerali, ma soprattutto dal ciclo produttivo e sarebbero, dunque, più tossiche. Questa l'ipotesi formulata nei giorni scorsi dal presidente di Peacelink Alessandro Marescotti che ieri mattina ha tenuto una conferenza stampa al quartiere Tamburi per avanzare all'Arpa Puglia e all'Asl di Taranto la richiesta di una perizia completa sulle polveri che cadono in città.
L'ambientalista è partito dall'osservazione empirica: la polvere presente sui balconi è di colore nero e si attacca alla calamita, mentre il carbone del parco minerali ed il minerale di ferro, di colore rosso, non si attaccano. Qual è allora la natura e l'origine delle polveri con cui i cittadini entrano quotidianamente a stretto contatto?
«Il minerale di ferro» ha spiegato Marescotti «subisce un primo processo di riduzione chimica nell'impianto di sinterizzazione ed un secondo processo di riduzione chimica negli altoforni. Risultato? Si trasforma. E si attacca alla calamita. Cosa cambia? Che quella polvere che si poggia sui balconi è molto, ma molto più tossica di quella del parco minerali».

Il presidente di Peacelink chiede pertanto all'Arpa di formulare «un parere aggiornato, definitivo ed analitico su quali e quante polveri industriali ricadono sui balconi, a seconda della distanza dall'Ilva, e quante di queste possono essere effettivamente attribuite all'Ilva». Qualora l'ipotesi di Marescotti fosse confermata dall'Agenzia regionale per l'ambiente, l'Asl dovrebbe allora fornire pubblicamente indicazioni sanitarie e precauzionali esplicite sulla loro manipolazione e sulle modalità del loro smaltimento.
«I cittadini, ad esempio,» ha fatto notare l'ambientalista «non vengono informati sui dispositivi di protezione individuale delle vie aeree e delle mani in caso di polverosità, se, ad esempio, devono mettere una mascherina di protezione o i guanti o gli occhiali protettivi durante le pulizie domestiche nei quartieri più esposti o nei giorni di vento».

Se si trattasse di polveri provenienti dal ciclo produttivo, i guanti bianchi in lattice non sempre costituirebbero un efficace dispositivo di protezione. Bisognerebbe, invece, utilizzare i guanti in poliuretano o quelli azzurri in litrite, indossati da Marescotti durante la conferenza stampa per mostrare le polveri portate in un sacchetto da alcuni residenti ai Tamburi.
L'ambientalista si è chiesto poi come mai il sindaco Ippazio Stefàno per le polveri industriali che ricadono sulla città non abbia fatto finora alcuna comunicazione pubblica alla popolazione in merito alle precauzioni da prendere durante la vita quotidiana.

Marescotti ha ricordato, inoltre, di aver avviato un confronto costruttivo con l'Arpa su un'altra questione legata alle polveri e precisamente al fatto che le centraline dell'Agenzia regionale non misurano tutte le polveri, ma solo quelle sospese comprese tra Pm 0,7 e Pm 10, le cosiddette polveri sottili. Tale sistema è idoneo in città come Roma, Milano, Torino, dove la natura e l’origine degli inquinanti sono diverse rispetto a Taranto. Ciò spiegherebbe, perché a fronte di valori più elevati altrove, nel capoluogo jonico ci sia ammala e si muore di più.
Le centraline Arpa, dunque, non misurano le polveri in sospensione tra il Pm 11 ed il Pm 76 né quelle sopra il Pm 76 che sono tutte quelle più grossolane. Inoltre, quando il particolato scende sotto il Pm 1, ad esempio il Pm 0,5, diventa pericolosissimo perché supera gli alveoli polmonari e finisce nel sangue, nel fegato, etc.
Di qui, l'idea di mettersi al più presto intorno ad un tavolo per la formulazione di un nuovo modello fisico-matematico previsionale che tenga conto di tutte le polveri.
 
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