Taranto, Mamma consegna teschio al ministro: «Mio figlio ucciso dalla diossina»

Taranto, Mamma consegna teschio al ministro: «Mio figlio ucciso dalla diossina»
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Sabato 28 Settembre 2019, 19:19 - Ultimo aggiornamento: 29 Settembre, 09:30
Un quadro con un teschio nero realizzato con «la polvere di minerale» raccolta dalle «mamme del rione Tamburi di Taranto», disegnato su una tela bianca su cui era scritto Mamme No Dioxin, è stato consegnato ieri sera al ministro per l'Agricoltura, Teresa Bellanova, dalla tarantina Carla Lucarelli, mamma di Giorgio Di Ponzio, il 15enne morto lo scorso gennaio per un sarcoma; e da un'altra mamma, Stefania Petaro. L'occasione è stata il dibattito promosso dalla Fiom nell'ambito della manifestazione 'Contropiedè a San Giorgio Jonico (Taranto).


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Il video della consegna è stato poi diffuso sui social. Nel filmato si vede Lucarelli che invita il ministro e gli altri ospiti a guardare «la cappa su Taranto» per vedere «l'aria che ha ucciso mio figlio, venuto a mancare per colpa della diossina». La mamma dice di essere «arrabbiata per i 12 decreti», cosiddetti 'salva-Ilvà: «Ancora mi domando - precisa - quale sia quello che ha firmato la condanna a morte di mio figlio». Petaro, invece, spiega al ministro che da un film visto di recente si evincerebbe che «Mittal (attuale gestore dell'acciaieria, ndr) entra nei governi» e «corrompe», poi «chiude» le fabbriche lasciando «devastazione ambientale». Dopo l'intervento delle due donne, Bellanova prende la parola e sottolinea che «il dolore bisogna rispettarlo» e «non credo - rileva - di aver fatto scelte che hanno procurato danno alle persone»: piuttosto, evidenzia il ministro, abbiamo dato «risposte ai drammi che c'erano». «Lei - conclude Bellanova - può pensare tutto quello che crede di Mittal, della politica, di tutti i soggetti. Quello che lei non ha il diritto di pensare è che Mittal corrompe una persona come me». Poco dopo le parole del ministro, qualcuno dal pubblico urla: «Solo in Italia c'è l'immunità penale per una azienda come l'Ilva, gli avete dato la licenza di uccidere».
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