Taranto, mafia, droga e armi: chieste condanne fino a 20 anni

Taranto, mafia, droga e armi: chieste condanne fino a 20 anni
di Nazareno DINOI
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Sabato 1 Aprile 2023, 07:59 - Ultimo aggiornamento: 2 Aprile, 10:24

Ventisei richieste di condanne per un totale di 226 anni di reclusione e un’assoluzione. Così ieri il pm della distrettuale antimafia di Lecce, Milto Stefano De Nozza, ha presentato il conto nel processo che si svolge in “abbreviato” nell’aula bunker del tribunale di Lecce. Alla sbarra in 27 che hanno scelto il rito alternativo che assicura loro un terzo di sconto di pena, imputati a vario titolo per associazione a delinquere e mafia aggravato dalla disponibilità di armi e associazione finalizzata al traffico e allo spaccio di droga. Secondo l’accusa, il gruppo criminale che finì nella retata condotta dalla polizia di Taranto il 2 febbraio dello scorso anno, avrebbe fatto parte del clan denominato «Pascali» attivo nel rione Paolo VI del capoluogo.

La richiesta più alta 20 anni

Venti anni di carcere la richiesta per Nicola Pascali, detto «Nico», 44enne di Taranto, presunto capo insieme al fratello Giuseppe di 38 anni per il quale il pm ha chiesto 18 anni.

Diciotto anni anche per Luigi Agrosì e 15 per Antonella Bevilacqua, moglie del principale imputato. Queste le richieste per tutti gli altri: Antonio Bleve 6 anni, Cosimo Damiano Caforio 4, Emanuele Capuano 7, Gianluca Cicolella 3 anni e 4 mesi, Leonardo Durelli 12, Carlo Giannetti 3, Robin Giannotta 3, Antonio Greco 6, Mirko Guarino 11, Domenico Iacca 9, Francesco Ingenito un anno e 6 mesi, Lucky La Gioia 7, Salvatore Labriola 10, Simone Loperfido 10, Antonio Maiorano 15, Giuseppe Palumbo 6, Luca Pascali 10, Giuseppe Petrelli 8, Giuseppe Portacci 9, Francesco Presta 6, Eufrasia Quero 12, Vincenza Ricatti 3 anni. L’assoluzione, unica, è stata chiesta invece per Carmelo Pascali. Tocca ora agli avvocati del folto collegio difensivo, tra questi Salvatore e Andrea Maggio, Alessandro Scapati, Angelo Casa, Luigi Esposito, Gianluca Mongelli, Luigi Danucci, preparare le arringhe prima del verdetto del giudice delle udienze preliminari del Tribunale di Lecce, Silvia Saracino. Figura di spicco del presunto sodalizio mafioso, Nicola Pascali, 20 anni di richiesta che sarebbero stati 30 senza la riduzione per la scelta del rito alternativo, con il fratello Giuseppe, avrebbe gestito il business del recupero crediti dello spaccio di droga e delle estorsioni con metodo mafioso.

Ordini anche dal carcere 

Nelle carte dell’inchiesta emergono episodi che dimostrano come anche dal carcere sarebbe riuscito a dirigere il clan. Era recluso nel penitenziario di Foggia, quando, come riportato negli atti, dopo aver aggredito un componente di un’altra cosca tarantina, costrinse quest’ultimo a scrivere una lettera di suo pugno in cui comunicava la volontà di dissociarsi dal clan del quale avrebbe fatto parte in precedenza. Fondamentale, secondo la prospettazione del pubblico ministero De Nozza, il ruolo di due donne, Antonella Bevilacqua e Eufrasia Quero (15 anni la richiesta di carcere per la prima e 12 per la seconda), mogli dei fratelli Pascali.
La prima, coniuge del presunto capoclan Nicola, avrebbe seguito le precise disposizioni del marito quando era in carcere e insieme alla cognata si sarebbe occupata di controllare uno dei settori in cui il gruppo era particolarmente attivo, quello delle estorsioni, riscuotendo il denaro da commercianti e imprenditori. 
A stroncare l’attività del sodalizio la retata della Polizia del febbraio dello scorso anno. Quel giorno i poliziotti eseguirono 38 misure cautelari, di cui 28 in carcere e 10 ai domiciliari. Gli arresti furono firmati dal gip Marcello Rizzo. Altre 20 persone, invece, risultavano indagate a piede libero.

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