Taranto, l'appello dei ragazzi dei licei. La risposta del papà di Giorgio

Taranto, l'appello dei ragazzi dei licei. La risposta del papà di Giorgio
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Lunedì 11 Marzo 2019, 19:57
Caterina, Pierangeo e tutti gli altri studenti che si preparano per la marcia di venerdì, hanno deciso di affidare i loro appelli alla scrittura. «Sono Caterina e sopravvivo a Taranto, una città difficile da amare perché la sua bellezza è soffocata dal fumo delle grandi fabbriche che, presentate come opportunità, si sono rivelate una minaccia esistenziale che ha sottratto il futuro a centinaia di persone che avevano come me, come qualsiasi altra persona, tutto il diritto di vivere». Scrive così Caterina, studentessa liceale in vista della "marcia globale per il clima" che si svolgerà anche a Taranto venerdì mattina.

Pierangelo, anche lui studente liceale scrive: «Mio padre va a lavorare per morire e per far campare me».
Lo scrittore Giancarlo Visitilli ha chiesto ad Angelo Di Ponzio, papà di Giorgio, 15enne morto di cancro a Taranto  cosa avrebbe risposto ai ragazzi e il papà ha mandato una lettera - pubblicata da Repubblica - ai ragazzi coetanei di suo figlio. 
 
"Carissimo Pierangelo, potresti chiamarti anche Giorgio, Anna, Alessia e scegliere di essere nessuno. Io ho bisogno di dirti delle cose. Conosco quello che dici, so dove lo vivi, credo di sapere come lo sperimenti: abitiamo nella stessa città. La amiamo entrambi, ci lavoriamo, tu studi per migliorarla, la respiriamo ogni giorno la nostra Taranto. Ciò premesso, però, avverto di dirti con estrema sincerità e schiettezza che conosco poca gente morta a causa della mancanza di lavoro. Siamo in migliaia, invece, a essere morti per malattie, qui a Taranto.  
 
Capisco tuo padre, perché io resto padre di Giorgio, ma pretendo che tuo padre faccia altro, oltre che andare ad andare a lavorare per far vivere te. Che lavoro e che vita sono, se lui si alza ogni mattina sapendo che sta andando incontro alla morte? Non ti sembra un modo di accontentarsi, di tirare a campare, finché anche la tua stessa esistenza continua ad andare?  Tu, lui, io, mia moglie, viviamo a Taranto".

Ti scrivo perché il tuo studio, il tuo impegno, i tuoi interessi, non siano finalizzati solo alla promozione, ad avere i voti alti a scuola, ad avere un impiego nella tua stessa città e nella stessa azienda dove lavorano in tanti. Perché tutto sarebbe vano: ti saresti impegnato, come tuo padre, sapendo che lo fai per tirare a campare. Per morire. No!
  
Io vorrei che tu smettessi di accontentarti, la finissi di lamentarti, non avvertissi minimamente il bisogno della pietà degli altri. Della pietas si. Quella che appartiene alle persone che non sanno solo prendersi cura nello stadio terminale della loro vita, ma sanno che l'impegno quotidiano può portare a vincere le battaglie. Quelle per le quali tu stesso, io, mia moglie, tuo padre, dovremmo combattere, per ottenere ciò che è diritto di tutti: una sanità pubblica che funzioni, che riconosca nella nostra amata Taranto un'emergenza, sanitaria. Qui si muore più che altrove, rispetto all'Italia. A Sud noi moriamo di più, anche per colpe di quelli che continuiamo a mandare su a governarci, perché ci accontentiamo, tiriamo a campare. E pensare che un ragazzo come te possa lasciar passare tutto ciò, non mi fa star bene, mi ammazza di nuovo. Fa morire più volte Giorgio".  
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