La città non è citata, ma la fiction divide i tarantini

La città non è citata, ma la fiction divide i tarantini
di Nicola SAMMALI
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Domenica 4 Aprile 2021, 09:58 - Ultimo aggiornamento: 6 Aprile, 15:49

La terza e ultima puntata è attesa per il 7 aprile, ma Svegliati Amore Mio, la miniserie in onda su Canale 5, ha fatto e continua a fare discutere soprattutto a Taranto, dove la critica del pubblico televisivo e social è andata oltre i classici pareri sulla performance degli attori, sulla qualità dei dialoghi, sullo sviluppo della trama, sulla regia, sulla capacità o meno di incollare agli schermi. La storia di Nanà Santoro (Sabrina Ferilli) e di sua figlia Sara, che a dodici anni si ammala di leucemia, è ispirata a una vicenda vera, una delle tante che proprio Taranto, purtroppo, conosce fin troppo bene.


E le analogie con Taranto ne hanno fatto immediatamente un caso mediatico, ancora prima che andasse in onda. La fiction, infatti, è ambientata in una città del sud Italia, una città di mare, una città dove un'acciaieria (la Ghisal) avvelena l'aria e le persone.

Una città dove il pane ha il sapore del ferro. Salute o lavoro? Eccolo il ricatto che sta pagando Sara (e che Taranto sta cercando di spezzare per sempre): il papà Sergio (Ettore Bassi) lavora in fabbrica, nell'altoforno che scioglie il minerale e produce la ghisa che si trasformerà in acciaio. Un papà sconvolto dall'idea che il suo lavoro sia la causa della malattia di sua figlia. Terribile il solo pensiero, che qui però è realtà e disperazione; è un dolore lancinante che ha travolto e travolge le famiglie, soprattutto quelle che abitano più vicine alle ciminiere. Ma che colpisce ovunque, e fa male.

A Ferraccio come ai Tamburi


Ferraccio, il quartiere in cui è stata costruita la Ghisal di Svegliati Amore Mio, richiama i Tamburi (e anche Paolo VI, messo in piedi per ospitare gli operai negli anni del boom economico), il rione soffocato dalle polveri e dalle nubi rosse provocate dagli slopping.
Taranto non è mai citata, ma non c'è un'altra città meridionale che possa in qualche modo avvicinarsi per similitudini a Porto Sant'Ignazio, la località immaginaria che sembra essere davvero quella adagiata tra i due mari e colpita dagli stessi tormenti. Talmente tanto che i tarantini sono divisi sul giudizio. Qualcuno, come Giovanna P., su Facebook si dice indignato dai «fiumi di aria rossa ovunque in ogni dove! Addirittura sul mare, sulla spiaggia, fuori e dentro le case, montagne di ferro! Addirittura gente a costretta a coprirsi il volto. Fari antinebbia per le polveri, cozze condite di ferro. Era necessario questo scenario da film dell'orrore? La situazione non necessita di escamotage per essere denunciata». Un'immagine, quindi, sporcata più del dovuto. Altri sostengono che Taranto, e soprattutto Mittal, non vengano mai citati «per non essere denunciati dalla multinazionale». C'è anche chi, come Piero T., suggerisce: «Se si fosse chiamata Svegliatevi Tarantini avrebbe avuto più senso». Infine il mondo ambientalista, che vede in Svegliati Amore Mio, e in ciò che narra, una possibilità in più per smuovere le coscienze, per mettere al centro del dibattito le conseguenze delle emissioni sulla salute umana, per chiedere ancora una volta di chiudere quel capitolo con il siderurgico che sta rubando il futuro a Taranto.
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