Morte all'Ilva, fiaccolata per ricordare Angelo. I suoi bimbi ancora non sanno che papà non c'è più

Morte all'Ilva, fiaccolata per ricordare Angelo. I suoi bimbi ancora non sanno che papà non c'è più
di Nicola SAMMALI
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Sabato 26 Maggio 2018, 09:44
“Rimarrai sempre nei nostri cuori”. C’è scritto così su uno degli striscioni dedicati ad Angelo Fuggiano accompagnano la fiaccolata. Per ricordare l’operaio morto la scorsa settimana e tutte le vittime sul lavoro. Vittime dell’acciaio, dice qualcuno quando raggiunge piazzale Democrate al quartiere Tamburi, lì dove Angelo viveva e dove la città si era data appuntamento per ricordare il giovane lavoratore che amava la famiglia e i motori. L’ultimo di un lungo elenco che solo negli ultimi sei anni, dal giorno del sequestro degli impianti Ilva, è aggiornato a otto. «Troppi, troppi» ripete un anziano col volto segnato e cupo. Scuote il capo mentre fissa i ragazzi che srotolano il nome di Angelo, scritto in grande, in nero, su un lungo lenzuolo bianco. C’è la sua immagine, mentre era alle prese con un’auto da riparare, e ci sono i volti dei lavoratori che uno dopo l’altro sono caduti in fabbrica. “Sappiamo chi è Stato” è la scritta che compare sul balcone di un palazzo. Fumano le ciminiere in lontananza mentre il sole picchia. Sono da poco passate le 18.30 quando gli organizzatori cominciano a distribuire le fiaccole.
La gente si raccoglie, quasi in silenzio. Eppure le parole scorrono: parole di rabbia.
La famiglia di Angelo è unita, si dà forza. Attorno a loro l’affetto di chi ha deciso di partecipare. Non sono tantissimi, non quanti dovrebbero essere dopo la tragedia che ha colpito di nuovo una comunità già ferita. Erano un centinaio in partenza. Più di qualcuno si è unito strada facendo, quando il corteo risaliva verso piazza Masaccio. C’erano alcuni consiglieri comunali e alcuni deputati e senatori, rimasti più indietro.
C’erano i genitori di Giacomo Campo, morto in Ilva esattamente venti mesi prima di Angelo, il 17 settembre 2016. “Giacomo no si po’ murì pe campà” hanno scritto gli amici. Una scritta rossa, che tengono stretta tra le mani. Il corteo avanza, si ferma una prima volta sotto la casa del nonno di Angelo, dove lui ha passato la sua infanzia. La seconda volta si ferma per un minuto davanti a casa dei genitori, e l’ultima, invece, proprio sotto al palazzo dove avrebbe abitato con la compagna Celeste e i due figli piccoli.
I bimbi ancora non sanno cosa è successo al loro papà. Per loro si è soltanto allontanato perché impegnato a pitturare i muri della nuova casa. Quindi il momento più difficile, come ha ricordato anche il cognato di Angelo, Antonio, che ha preso la parola nonostante distrutto dal dolore, «sarà domani, quando dovremo dirglielo». Dietro di lui un altro striscione. “Mai più vivere per l’acciaio Taranto Ribellati”. La sicurezza degli impianti è il tema che tocca anche il papà di Campo. «Queste cose non le superi, te le porti nel cuore per tutta la vita».
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