Palombella sull'ex Ilva: «Mittal ha imposto il suo “ricatto”»

Rocco Palombella, segretario Uilm
Rocco Palombella, segretario Uilm
di Domenico PALMIOTTI
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Martedì 3 Gennaio 2023, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 10:28

«Considero le dichiarazioni del ministro Adolfo Urso a Quotidiano general generiche e fuori luogo. Non ci rassicurano e non sminuiscono le nostre preoccupazioni. Punto». Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, boccia la gestione del caso Acciaierie d’Italia, ex Ilva di Taranto, da parte del ministro delle Imprese e del Governo Meloni. 
Palombella, non avete ancora approfondito la vicenda, nè incontrato il ministro perchè lo vedrete il 19 gennaio, e già spara a zero?
«Ma sì, perché ogni Governo che abbiamo incontrato ci ha sempre detto le stesse cose. Che il controllo dello Stato sarebbe aumentato divenendo più efficace, che la multinazionale sarebbe stata vincolata, che sarebbe aumentata la produzione di acciaio, minimo a 6 milioni di tonnellate l’anno. A gennaio 2022, tanto per non andare lontano, ci è stato presentato un quadro del genere, a marzo fu poi concessa all’azienda la cassa integrazione straordinaria per un anno per 3mila unità, e si disse che ci sarebbero stati impegni precisi circa la risalita della produzione. Invece? Assolutamente nulla. Zero. Anzi, a marzo scorso il Governo diede credito alla multinazionale, concedendo la cassa integrazione, e non a noi, che invece la cassa la contestavamo, e quindi come si può dire che adesso è aumentata la forza del Governo verso la multinazionale?»
Per una ragione evidente, Palombella: quello era il Governo Draghi, questo è il Governo Meloni. Lo scenario politico è cambiato e neanche poco.
«Ma che accordo e accordo, senza un chiarimento preliminare, senza un nostro coinvolgimento! Il Governo dice di aver trovato l’intesa con Mittal, la verità è che ha gestito una partita così importante senza coinvolgerci. Ci chiamano adesso, a fatti computi».
Ma cosa non la convince?
«Guardi, tutti si riempiono la bocca di questa parolina magica: acciaio green. Anzi, acciaio verde. Lo dice il premier Meloni, lo ribadisce il ministro Urso. Ma il passaggio da un sistema produttivo ad un altro non è cosa che si fa schioccando le dita. Mettiamo le carte in tavola, ci sia chiarezza per favore. In quanto tempo avviene questo passaggio e come? E soprattutto in quest’anno che cosa accade? Rientrano in fabbrica i lavoratori che sono in cassa integrazione? E quelli che sono nelle imprese appaltatrici riescono a lavorare?»
Questo lo potrete chiedere a Urso nel vertice del 19 gennaio.
«Ogni volta sull’Ilva ci hanno detto che eravamo scettici, critici, disfattisti, e che le cose non sarebbero andate come noi temevamo. Invece i fatti ci hanno detto che avevamo visto bene, altroché. La verifica per noi si fa sul piano industriale. Di cui non sappiamo nulla. Come sarà questo piano? I forni elettrici, quando, come? E l’altoforno 5 sarà rifatto? Si dice che sarà aumentata la media della produzione di acciaio degli ultimi tre anni. Ma la media sono 3,5 milioni di tonnellate l’anno. Se rimaniamo così o ci discostiamo di poco, la situazione non migliorerà assolutamente, lo stabilimento continuerà ad andare male e i lavoratori non usciranno dalla cassa integrazione per tornare in fabbrica».
Converrà però che lo Stato ora ha posto le basi per passare al 60 per cento in Acciaierie d’Italia.
«Come, quando, con quali condizioni? Queste domande sono attualmente senza risposte. Adesso lo Stato erogherà 680 milioni ad Acciaierie d’Italia, ha detto che può erogare anche un altro miliardo, quello del dl Aiuti Bis, ma se non cambia la governance della società, se non cambiano i poteri, i rapporti di forza, all’interno del consiglio di amministrazione, che cosa abbiamo risolto? Non gli è bastato aver dato 480 milioni nel 2021 che sono finiti in poco tempo?»
Voi dite che Mittal andava cacciato, ma Urso ha dichiarato che non era possibile e che lo Stato, che prima era ai margini, adesso, almeno, ha voce in capitolo.
«Ma ora lo Stato aveva la forza e il potere di ribaltare la situazione: produzione ridotta ai minimi termini, indotto portato al collasso, quote di mercato perse, cassa integrazione usata massicciamente. Purtroppo, questa forza e questo potere non sono stati usati dal Governo. Draghi, quantomeno, voleva introdurre dei vincoli, questi, invece, non lo hanno fatto».
E allora Palombella?
«È stato elargito denaro pubblico e si è perso solo tempo. L’attuale Governo ha scaricato sulla città il peso di una non decisione. Mittal ha imposto il suo "ricatto", o mi date i soldi o faccio fallire la società portando i libri in Tribunale, e ha vinto. Su questo caso non c’è differenza tra chi governava prima e chi governa ora».
Il 19 che direte al ministro?
«Non ci sono stati sconti prima e non ci saranno adesso. La nostra sarà una posizione forte e senza tentennamenti. Questo Governo subirà le nostre critiche e le nostre iniziative».
Alla manifestazione dell’11 gennaio a Roma, nelle vicinanze di Palazzo Chigi, la Fim Cisl quasi certamente non ci sarà.
«Non commento».
Però l’11 voi, la Fiom e l’Usb sarete insieme al sindaco di Taranto, Melucci, e al governatore pugliese Emiliano. La Uilm ha sempre avversato la chiusura dell’area a caldo del siderurgico voluta invece dalle due istituzioni.
«Noi siamo uniti su un punto fondamentale: Mittal va tolto dalla gestione dell’acciaieria. Condividiamo una battaglia specifica e riteniamo che Mittal sia un danno per noi e per l’Italia. Sul merito, invece, non abbiamo la stessa posizione. Per esempio, non siamo d’accordo sulla chiusura dell’area a caldo che Comune e Regione vogliono. Per noi l’area a caldo va ristrutturata e innovata, non soppressa. Bisogna avere il coraggio di dirlo».
Che pensa dei nuovi, possibili progetti annunciati da Urso? Parco eolico galleggiante, rigassificatore mobile…
«Queste cose fanno il paio con l’acquario green.

Lo ricordate? Anche stavolta si dicono le stesse cose del passato. Si tirano fuori progetti, anzi titoli, e si evocano cose suggestive. Ma non hanno possibilità di essere realizzate». 

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