Coronavirus, fra isolamento e produzione ai minimi: «Mittal rischia di andarsene»

Coronavirus, fra isolamento e produzione ai minimi: «Mittal rischia di andarsene»
di Alessio PIGNATELLI
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Lunedì 6 Aprile 2020, 09:37 - Ultimo aggiornamento: 12:36
«Purtroppo queste grandi multinazionali badano ai loro interessi economici, questo ulteriore blocco dovuto al coronavirus rischia di provocare un danno e di mettere un altro tassello a quella che era l'idea manifesta di ArcelorMittal di voler andare via. Non è escluso che se questa condizione si dovesse protrarre, sarebbe un'altra tegola al risanamento ambientale e al mantenimento dei livelli occupazionali e produttivi di Taranto. E non solo».
Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, ammette qualcosa che serpeggia da settimane. Ossia: il già complicato rapporto tra la multinazionale dell'acciaio e l'Italia - e il capoluogo jonico in particolare - potrebbe subire una mazzata da questa crisi da Covid-19.

Produzione a livelli minimi, continue polemiche e bracci di ferro con istituzioni nazionali e locali, un panorama sconfortante per tutto il settore dell'acciaio. Non scordandosi che incombe sempre quella clausola di uscita concessa al colosso francoindiano che potrà lasciare la gestione degli asset a fronte di diverse condizioni e un pagamento di mezzo miliardo di euro.

La crisi, si diceva. Per il presidente di Federacciai, Alessandro Banzato, già con un mese di produzione in meno il calo che si prevede nel 2020 è nell'ordine del 10% ma al momento ci sono ancora troppe variabili in gioco per fare delle stime. Banzato ha anche fatto un'analisi globale dell'acciaio: se in Italia si è fermi al 95%, si continua a produrre in Germania, Francia e Spagna. «Dobbiamo considerare che questa crisi del coronavirus anche se sta colpendo tutto il mondo ci sono nazioni europee dove morde di meno - conferma Palombella - In Italia la siderurgia è bloccata totalmente, Taranto sta producendo esclusivamente per la salvaguardia impianti e anche Terni è stata fermata parzialmente. In Germania si produce. Non solo acciaio ma anche altri prodotti e le aziende italiane stanno sollevando proprio questo problema. Si teme che questa fase possa far perdere quote». Insomma, non c'è stato un lockdown uniforme a livello europeo e questo creerà inevitabili sbalzi: «È chiaro però che la nostra posizione resta la stessa: viene prima la salvaguardia della salute - chiarisce il numero uno dei metalmeccanici della Uil - Ci rendiamo conto dei problemi economici, le aziende devono adeguare in modo inequivocabile le condizioni sociosanitarie in accordo alle autorità locali e poi provare a superare la paura delle persone».

Già, questo è un problema affatto secondario. E lo stabilimento di Taranto ne è la rappresentazione plastica dopo il primo caso accertato di positività al virus di un operaio al reparto Produzione gas tecnici: «C'è un clima reale di preoccupazione, di tensione, non ci sono distinzioni. In generale, dobbiamo lavorare affinché ci sia una serie di azioni in grado di verificare se si possono liberare attività importanti per il nostro sistema economico».
Come risaputo, lo stabilimento tarantino proseguirà la produzione potendo anche commercializzare i prodotti finiti dopo la comunicazione ufficiale del prefetto Demetrio Martino. A breve, ci sarà un incontro con i sindacati locali per capire se si potranno limare ancora gli ingressi per minimizzare il rischio di contagio.

«Penso che il provvedimento del prefetto di Taranto investito da questa grande responsabilità sia stato un giudizio inappellabile - conclude Rocco Palombella - Pure non essendo tecnici, i prefetti si avvalgono di tecnici: è stata un'ordinanza equilibrata considerando la gravità e il dramma del momento. Ritengo che sia stato corretto come quello dei suoi colleghi in Italia. Ha evitato un alibi anche ad ArcelorMittal, cioè fermare lo stabilimento. Era stata paventata l'idea, può suonare come un ricatto ma presumo che il prefetto abbia agito indipendentemente. Per il futuro della multinazionale, però, restano forti dubbi».
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