«Delocalizzazione dei call center, il Governo faccia un passo indietro»

«Delocalizzazione dei call center, il Governo faccia un passo indietro»
di Nicola SAMMALI
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Domenica 10 Dicembre 2017, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 18:57
«Sulla delocalizzazione dei call center il Governo faccia un passo indietro immediatamente». È durissima la presa di posizione di Andrea Lumino, coordinatore regionale Slc Cgil, mentre in queste ore alla Camera è in discussione un «emendamento» alla legge di stabilità, presentato dalla maggioranza, per una modifica dell’art. 24 bis del decreto legge 83 del 22 giugno 2012, ovvero quello che limita le delocalizzazioni delle attività di call center «all’estero». Questo «atto politico» stava passando «nel silenzio generale» e quindi, attacca Lumino, «siamo fortemente critici e fortemente arrabbiati».
Il rischio è di mandare in fumo «quello che è stato fatto in questi anni» per regolare il settore dei call center, in particolare con l’introduzione di alcuni obblighi per committenti e outsourcer che, a causa di questo emendamento, potrebbero invece essere annullati. «Dovremmo chiamarle mance elettorali?», domanda in maniera provocatoria Lumino. «Delle chiacchiere sottobanco ci siamo stancati». È un tentativo questo, incalza, di «cancellare con un colpo di mano i diritti acquisiti dai lavoratori dei call center italiani». Oltre ai lavoratori a rischio, avverte, potrebbero esserci problemi legati «alla privacy dei cittadini, al trattamento dei dati personali degli utenti, al lavoro sottopagato». La questione, benché nazionale, si rifletterebbe in modo particolare su Taranto, dove ci sono migliaia di lavoratori impiegati nei call center. Tra questi, «duemila hanno un contratto a tempo indeterminato a Teleperformance», la seconda realtà occupazionale dopo l’Ilva sul territorio, «200 a Linkem». Poi ci sono tutti quelli che non hanno un contratto regolare, che operano nei cosiddetti «call center da sottoscala».
 
Questa «svista del Governo», prosegue Lumino, potrebbe aprire una «crisi» occupazionale a Taranto, una città già pesantemente condizionata dal futuro dell’acciaieria. «Da una parte dicono di voler aggiustare le cose, dall’altra stanno mazzolando i lavoratori». La responsabilità, spiega, ricadrebbe anche su chi voterà l’emendamento. Su questo punto Lumino è altrettanto netto. «L’appello che facciamo è che tutti i parlamentari pugliesi, ionici, di tutti gli schieramenti politici, ci dicano in maniera chiara, prima del voto, cosa intendono fare nelle Commissioni Lavoro e Bilancio». 
Ma, dei parlamentari invitati alla conferenza stampa di ieri nella sede della Cgil di Taranto, nessuno ha risposto presente. «Devono esporsi pubblicamente, perché noi vogliamo sapere cosa faranno, vogliamo capire chi è dalla parte dei lavoratori e chi delle aziende». Per essere ancora più chiari, sottolinea Lumino, «chi voterà questo emendamento si renderà complice di un dramma sociale e ce ne ricorderemo in campagna elettorale». Il sindacato promette battaglia perché «questo emendamento va ritirato senza se e senza ma. Faremo sentire la nostra voce, per la tutela dei lavoratori, dei posti di lavoro e dei cittadini». Nel comunicato nazionale unitario diffuso ieri, Cgil Cisl e Uil di categoria si augurano che questo emendamento venga «soppresso». Diversamente, si legge, il «Governo dovrà rendere conto alle decine di migliaia di lavoratori di call center impiegati in Italia del perché, dopo mesi in cui si è prodigato a proporsi come regolamentatore diretto e indiretto del settore, non solo non ha ancora convocato il Tavolo di monitoraggio da noi richiesto da mesi ma ha addirittura fatto retromarcia cambiando la legge e deresponsabilizzando le aziende». La settimana prossima sarà decisiva su questo fronte caldo, quando l’emendamento arriverà in Commissione Bilancio, in attesa di un auspicato intervento politico «trasversale» che possa scongiurare sviluppi pericolosi della vicenda. 
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