L’antitrust a Mittal: tagli nei siti in Belgio per acquistare l’Ilva

L’antitrust a Mittal: tagli nei siti in Belgio per acquistare l’Ilva
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Venerdì 23 Marzo 2018, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 25 Marzo, 15:26
Un taglio agli impianti produttivi di Liegi in Belgio per far scattare il semaforo verde all’operazione Ilva. 
Questo lo scenario per Arcelor-Mittal per completare l’acquisto del gruppo che ha nella grande fabbrica dell’acciaio di Taranto la sua ammiraglia. 
Il gruppo indiano, infatti, dovrà dismettere alcuni dei siti di produzione nel cuore dell’Europa per potere ottenere il via libera dell’Antitrust Ue all’operazione di acquisto dell’ Ilva. Lo ha annunciato il direttore generale del gigante dell’acciaio Manfred Van Vlierberghe ai sindacati del Belgio. A essere coinvolte dalle dismissioni, non tutto il sito vallone ma solo alcune delle linee di produzione, in particolare i siti di pittura e di Eurogal di Ramet e le linee di galvanizzazione 4 e 5 a Flémalle. 
La decisione finale su quali parti della produzione verranno cedute - per evitare un monopolio a livello Ue - verrà presa a maggio. La Commissione Ue, per dare l’ok all’operazione Ilva, ha chiesto anche l’uscita del Gruppo Marcegaglia, la cui presidente Emma Marcegaglia ha annunciato ieri che manterrà però il contratto strategico di acquisto della materia prima a lungo termine. «In sede ministeriale abbiamo espresso le nostre perplessità sulla cattiva gestione legata alla vendita del gruppo Ilva che ha mostrato, in più occasioni, molte ombre e poche luci sul futuro di un settore strategico per il nostro Paese. La trattativa sindacale continua pertanto ad essere in salita». Con queste parole Francesco Brigati della Fiom Cgil di Taranto, si è espresso sul caso Ilva, ricordando che «la necessità di approfondire l’istruttoria sul dossier Ilva ha spinto l’Antitrust europeo a prendere più tempo, al momento è stato infatti rinviato al 23 maggio, prima di pronunciarsi sull’acquisizione di Ilva da parte di Am InvestCo. Inoltre, la trattativa sindacale non è ancora stata avviata e i continui rinvii del Ministero dello sviluppo economico delineano un percorso molto difficile, in quanto Mittal sembra non voler fare alcun passo indietro in merito ai livelli occupazionali e al piano industriale e ambientale».
 
Quanto al piano ambientale, l’organizzazione sindacale ritiene «fondamentale avviare una discussione su quanto contenuto all’interno del protocollo d’intesa del Ministero dello Sviluppo Economico. La Valutazione del danno sanitario è una conquista della Fiom Cgil che sin dal primo momento si è battuta per inserirla all’interno del piano ambientale presentato da Mittal. Adesso - ha concluso Brigati - il compito delle istituzioni locali e del sindacato, quest’ultimo fuori dal protocollo d’intesa, è quello di provare a costruire un accordo che dia garanzie e risposte certe dal punto di vista ambientale e occupazionale». Risposte lungo le due direttrici che hanno messo sulla graticola il colosso dell’acciaio italiano, travolto nell’oramai lontano 2012 dagli effetti dell’inchiesta denominata “ambiente svenduto”. Da quel momento la fabbrica è sopravvissuta in una sorta di limbo sino alla svolta con l’operazione che vede come protagonista Arcelor-Mittal. Ed un futuro che sia sotto il profilo ambientale sia sotto il profilo occupazionale impone risposte.
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